Gli avvocati del professore, hanno sostenuto che il tribunale non abbia trovato credibilità nelle accuse della persona offesa, ridimensionando notevolmente l’impianto accusatorio. Nonostante la condanna, i legali ritengono che le prove non supportino pienamente le accuse. Sono fiduciosi nel riuscire a dimostrare l’innocenza del professore riguardo all’induzione indebita.
Tra le due presunte vittime, una non si è mai costituita parte civile, mentre l’altra ha revocato la sua costituzione. L’unica parte civile che ha richiesto il risarcimento dei danni è l’Università di Bari. Per quanto riguarda la condanna, il p.m. aveva chiesto sei anni di reclusione per il professore.
La condanna prevede non solo la reclusione, ma anche l’interdizione dai pubblici uffici. Il professore perderà ogni diritto a ricoprire cariche pubbliche o accademiche. L’Università di Bari, che si è costituita parte civile, sarà risarcita in sede civile, con l’importo ancora da determinare. Il caso ha sollevato discussioni sulle dinamiche di potere all’interno delle università e sulle modalità con cui vengono gestiti gli abusi di potere da parte di chi ricopre ruoli accademici.
La sentenza, che chiude un capitolo doloroso, è un segnale di attenzione verso il tema degli abusi nei luoghi di formazione. Resta da vedere come evolveranno eventuali appelli e la quantificazione del risarcimento per l’università.