Il Tribunale di Bari ha condannato un professore di Diritto Civile all’Università Aldo Moro di Bari, a 5 anni di reclusione. L’insegnante era stato accusato di concussione e violenza sessuale nei confronti di due studentesse. Secondo l’accusa, accusato avrebbe richiesto denaro e atti sessuali in cambio della promozione in esami universitari. Il caso, risale a un periodo tra il 2011 e il 2015. Ha sollevato un acceso dibattito e ha portato alla condanna dopo un processo che si è svolto nel 2021.
Il Processo e la riqualificazione dei reati
Il Tribunale ha riqualificato uno degli episodi di estorsione come induzione indebita, per la quale è stato effettivamente condannato. L’accusa di violenza sessuale è stata trasformata in tentata violenza sessuale, ma è stata dichiarata prescritta. Lo stesso destino ha avuto il secondo episodio di concussione. Le motivazioni della sentenza saranno comunicate entro 90 giorni. Gli avvocati difensori fanno già intendere come la difesa punti a dimostrare l’estraneità del professore ai fatti contestati.
La difesa del professore e la questione delle vittime
Gli avvocati del professore, hanno sostenuto che il tribunale non abbia trovato credibilità nelle accuse della persona offesa, ridimensionando notevolmente l’impianto accusatorio. Nonostante la condanna, i legali ritengono che le prove non supportino pienamente le accuse. Sono fiduciosi nel riuscire a dimostrare l’innocenza del professore riguardo all’induzione indebita.
Tra le due presunte vittime, una non si è mai costituita parte civile, mentre l’altra ha revocato la sua costituzione. L’unica parte civile che ha richiesto il risarcimento dei danni è l’Università di Bari. Per quanto riguarda la condanna, il p.m. aveva chiesto sei anni di reclusione per il professore.
La sorte del condannato e le conseguenze del suo gesto
La condanna prevede non solo la reclusione, ma anche l’interdizione dai pubblici uffici. Il professore perderà ogni diritto a ricoprire cariche pubbliche o accademiche. L’Università di Bari, che si è costituita parte civile, sarà risarcita in sede civile, con l’importo ancora da determinare. Il caso ha sollevato discussioni sulle dinamiche di potere all’interno delle università e sulle modalità con cui vengono gestiti gli abusi di potere da parte di chi ricopre ruoli accademici.
La sentenza, che chiude un capitolo doloroso, è un segnale di attenzione verso il tema degli abusi nei luoghi di formazione. Resta da vedere come evolveranno eventuali appelli e la quantificazione del risarcimento per l’università.
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