Secondo gli investigatori, le somme incassate venivano trasferite su conti correnti esteri, attraverso società di comodo registrate in Inghilterra, Svizzera e Bosnia-Erzegovina. L’università bosniaca, priva di accreditamento nazionale, dichiarava una partnership con il Dipartimento di Studi Europei, alimentando l’illusione di un’offerta formativa legittima. Complessivamente, i ricavi non dichiarati ammontano a circa 9 milioni di euro, derivanti da circa 50 corsi universitari online.
La truffa ruotava attorno a Salvatore Giuseppe Messina, dominus dell’operazione, e ai suoi figli Dario e Giuliana, supportati da complici come Maria Alexandra Mladoveanu Ghitescu, rappresentante legale della succursale di Lugano, e Leopoldina Frigula, presidente della fondazione Zaklada Europa. Le intercettazioni hanno fornito prove decisive, dimostrando la gestione artificiosa delle finanze e la mancanza di autonomia reale della fondazione.
Le conversazioni intercettate tra i fratelli Messina mostrano un’organizzazione caotica e una gestione finanziaria opaca. In una di queste, Giuliana Messina discute con il fratello Dario sull’utilizzo dei conti correnti e sul trasferimento di fondi tra la Zaklada e altre società collegate. Gli inquirenti hanno descritto la fondazione come una persona giuridica artificiosa, creata unicamente per mascherare le attività illecite del suo amministratore.
L’inchiesta rappresenta un esempio di cooperazione giudiziaria internazionale, condotta da una squadra investigativa composta da poliziotti bosniaci e finanzieri italiani. La collaborazione ha permesso di tracciare i flussi finanziari transnazionali e ricostruire il complesso schema di frode.
Il sequestro di oltre 3,5 milioni di euro segna un primo passo nella restituzione di giustizia agli oltre 800 studenti truffati, che avevano investito somme ingenti per un’istruzione mai riconosciuta. La vicenda sottolinea l’importanza di verificare sempre la validità legale degli enti formativi, specialmente quando operano a livello internazionale, per evitare di incorrere in frodi di questa portata.