Il governo Meloni sembra intenzionato a rilanciare la previdenza complementare come soluzione al complesso sistema pensionistico italiano. La Ministra Calderone ha sottolineato l’importanza del “secondo pilastro pensionistico” come supporto alla previdenza di primo livello.
L’ipotesi di Durigon, basata sul meccanismo del silenzio-assenso, non dovrebbe avere un impatto significativo sui conti pubblici, sebbene possa creare qualche difficoltà nelle aziende con meno di 50 dipendenti, che attualmente trattengono il TFR per sostenere le proprie attività. Per le aziende più grandi, la liquidazione viene già trasferita all’INPS, quindi non ci sarebbero ulteriori problemi.
L’idea di trasferire parte del TFR nei fondi pensionistici complementari non è nuova. Già nel 2006, ai lavoratori venne offerta la possibilità di destinare il loro TFR alla previdenza complementare, utilizzando la formula del silenzio-assenso. Tuttavia, fino al 2023, solo un lavoratore su tre ha optato per questa scelta.
La Ministra Calderone ha attribuito il basso tasso di adesione alla scarsa promozione e condivisione del percorso con le organizzazioni sindacali e datoriali. Per questo motivo, oggi è fondamentale “semplificare le procedure di adesione, gestione dei fondi, e i processi di recupero e riscatto parziale, totale o anticipato dei trasferimenti ai fondi.”