Le denunce descrivono atteggiamenti intimidatori e offensivi, come il caso in cui una studentessa, sentendosi a disagio, è stata definita “arida” e minacciata di interruzione del rapporto. L’insegnante avrebbe inoltre ammonito gli studenti di non riferire nulla ai genitori, minacciando “denunce serie”.
Le testimonianze degli alunni riportano frasi umilianti come “Oggi vi mortifico” e “Siete gente che pugnala alle spalle”, oltre a insulti personali. Tra i comportamenti contestati, si segnala che alcuni studenti sarebbero stati costretti a sostenere interrogazioni ad occhi chiusi, con tempi di risposta estremamente brevi, pena un voto insufficiente. In un altro caso, uno studente è stato definito “bambino autistico della strada” con “voti gonfiati alle elementari”.
Ma in questa storia c’è anche spazio per la speranza. I genitori degli alunni coinvolti hanno scelto di non restare in silenzio, di costituirsi parte civile. È un atto di coraggio, di amore, di fiducia nella giustizia. E così, il 6 novembre, presso il Tribunale competente, si aprirà il sipario su un processo che ha il sapore di una battaglia per la dignità e il rispetto.
Una storia che ci ricorda quanto sia prezioso il compito di educare e quanto profonde possano essere le ferite delle parole. Ma anche una storia di speranza, perché ogni denuncia, ogni testimonianza, è un passo verso un futuro migliore.