Il Consiglio di Stato ha ribadito il principio dell’autonomia scolastica, riconoscendo piena legittimità nell’azione disciplinare intrapresa dall’istituto. I giudici hanno confermato che l’amministrazione scolastica, attraverso un’adeguata istruttoria, ha ben valutato la gravità del comportamento dello studente e ha applicato le sanzioni in conformità con il regolamento d’istituto. Il Consiglio ha altresì escluso che ci fossero vizi formali o sostanziali nella decisione presa, confermando che l’espulsione rappresenta una risposta proporzionata agli atti di indisciplina.
A influire sulla decisione è stata la recidiva. Lo studente, infatti, aveva già ricevuto in passato una sanzione meno severa per episodi simili, ma non aveva modificato il proprio comportamento. La reiterazione dei suoi insulti, unita alla gravità delle offese, ha giustificato l’applicazione della sanzione massima prevista dal regolamento. Nonostante fosse affetto da Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA) e avesse un’età maggiore rispetto alla media degli studenti, i giudici hanno escluso che queste circostanze possano costituire un’attenuante. Non è stato riscontrato alcun nesso causale tra la condizione dello studente e gli insulti rivolti ai docenti e al personale ATA.
La sentenza del Consiglio di Stato rappresenta un segnale forte per l’intera comunità scolastica, evidenziando come l’educazione al rispetto reciproco e il mantenimento di un ambiente sereno siano principi irrinunciabili. La scuola, come istituzione educativa, non può tollerare atti di violenza verbale che minano la qualità della didattica e la coesione del gruppo classe. La sanzione inflitta allo studente, pur severa, si inserisce in un contesto di tutela dell’ordine scolastico e di rispetto delle regole, fondamentali per il corretto sviluppo formativo di ogni individuo.