“Finché gli adulti non cambieranno atteggiamento, pubblicando sui social la pagella del figlio o il video del saggio di danza, certi fenomeni non si arresteranno.” Il nocciolo della questione risiede, secondo lo psicologo, nella “pornografizzazione” dell’infanzia e nella progressiva scomparsa del confine tra esperienza intima e pubblica. I baby influencer rappresentano solo la punta dell’iceberg di un fenomeno più ampio, che necessita di una regolamentazione chiara e definita.
Lancini si chiede che adulti diventeranno questi “enfant prodige” esposti fin da piccoli al giudizio del pubblico. “Difficile dirlo con certezza,” ammette, paragonando l’esposizione mediatica odierna a quella, artistico-sportiva, di qualche decennio fa. “Pensiamo allo Zecchino d’Oro o ai giovani atleti. Il successo precoce può avere effetti positivi sull’autostima, ma il rischio di delusione in caso di fallimento è altissimo.”
Lancini sottolinea anche l’aspetto economico: molti baby influencer guadagnano cifre considerevoli, spesso superiori a quelle dei genitori, creando uno squilibrio nel rapporto educativo. “La soluzione potrebbe essere il vincolo sui compensi, congelati fino alla maggiore età,” suggerisce.
La vera sfida, conclude lo psicologo, consiste nel riportare gli adulti al centro del processo educativo. “Se vogliamo tutelare i minori, dobbiamo cambiare il nostro approccio. Solo così potremo aiutarli a vivere serenamente la dimensione digitale, senza trasformarli in prodotti da spremere per il nostro bisogno di visibilità.”