Un altro dato che fa riflettere è rappresentato dalla differenza tra lo stipendio medio dei docenti e del personale ATA di ruolo e quello dei colleghi precari. Mentre i primi come abbiamo sottolineato prima si attesta a poco meno di 30mila euro annui (29.629), quello dei lavoratori precari sono fermi a 27.173 euro. Complessivamente quindi la retribuzione media dei primi supera di poco più di 300 euro quello dei colleghi con contratto a tempo determinato. Un caso a parte sono i docenti di religione cattolica, i quali riescono a percepire poco più di 32.000 euro lordi annui.
Insomma, delle vere e proprie briciole nel mare che non giustificano neanche il convinto ostracismo della politica degli ultimi governi, certa sempre più nel non voler provvedere speditamente alle stabilizzazioni sacrosante che spettano da tempo ai lavoratori precari.
Il paradosso poi raggiunge l’apice con le retribuzioni dei lavoratori appartenenti al personale ATA. Il compenso medio lordo annuo per questi lavoratori supera di poco i 22mila euro, per l’esattezza 22.154 €. A conti fatti un collaboratore scolastico percepisce poco meno di 1.000 euro al mese, mentre un amministrativo con molti anni di carriera non supera neanche i 1.400 euro. Una situazione davvero unica nell’amministrazione italiana che rappresenta un’assurdità rispetto agli stipendi medi dei lavoratori del settore pubblico europeo.
Su questo argomento interviene Marcello Pacifico, Presidente Anief, il quale dichiara: «Nel computo della Ragioneria dello Stato, mancano gli aumenti-mancia del 3,48% del Governo Gentiloni, arrivati dopo quasi dieci anni di blocco, più l’indennità di vacanza contrattuale, di poco superiore allo 0,5%, introdotta da aprile dalla maggioranza giallo-verde per la scadenza di quel contratto».
«Tuttavia, si tratta di incrementi, che mediamente si attestavano a 85 euro lordi mensili, e che non hanno nemmeno messo nel mirino l’inflazione degli ultimi dieci anni, salita di circa il 14%, di cui 8 punti accumulati tra il 2007 e il 2015. Ecco perché agiamo su due fronti, sia su quello giudiziario nazionale sia su quello europeo, e non ci rassegniamo a soccombere», conclude Pacifico.