Dunque, dalla sua entrata in vigore e dal recepimento della stessa norma da parte del nostro Paese, le lavoratrici saranno in grado di conoscere gli stipendi dei colleghi che svolgono le medesime mansioni. Per dovere di cronaca si ricorda anche che la direttiva è stata pubblicata sulla Gazzetta ufficiale dell’Ue lo scorso maggio, ma entrerà in vigore in questi giorni. In Italia, così come accennato prima, la nuova norma dovrà essere recepita entro il 7 giugno del 2026.
L’obiettivo sarà quello di superare l’attuale gap tra i lavoratori di sesso maschile a sfavore delle colleghe. La norma sancirà una volta per tutte il principio della parità retributiva (gender pay gap).
La direttiva stabilisce che i lavoratori e i loro rappresentanti abbiano il diritto di ricevere informazioni chiare ed esaurienti sui livelli retributivi individuali e medi, suddivisi per genere. Inoltre, saranno assolutamente vietate clausole contrattuali che impediscano ai lavoratori la divulgazione di informazioni sulla loro retribuzione o di chiedere informazioni in merito ad essa o alla retribuzione di altre categorie di lavoratori. Varrà dunque il principio della massima trasparenza.
Più nel dettaglio, “la direttiva si applica ai datori di lavoro del settore pubblico e privato. La presente direttiva si applica a tutti i lavoratori che hanno un contratto di lavoro o un rapporto di lavoro quale definito dal diritto, dai contratti collettivi e/o dalle prassi in vigore in ciascuno Stato membro, tenendo in considerazione la giurisprudenza della Corte di giustizia”, questo è il contenuto dell’articolo 2 della nuova norma.
Nel caso di una discriminazione salariale subita ai danni dei lavoratori e dalle lavoratrici basata sul genere, la direttiva stabilisce che è possibile ottenere un risarcimento che comprenda: “il recupero integrale delle retribuzioni arretrate e dei relativi bonus o pagamenti in natura, il risarcimento per le opportunità perse, il danno immateriale, i danni causati da altri fattori pertinenti che possono includere la discriminazione intersezionale, nonché gli interessi di mora”. In caso di contenzioso, infine, spetterà al datore di lavoro dimostrare di non aver violato le norme europee in materia di gender pay gap e di trasparenza retributiva.