In questo periodo, infatti, è sotto gli occhi di tutti che stiano andando in fumo tutte quelle certezze derivate dalla nostra convinzione di far parte di una solida comunità internazionale.I valori incarnati dall’Unione Europea, fin dalla sua formazione, attraversano una fase profondamente critica, così come profonda è l’incertezza economica,militare e soprattutto culturaleche tutti i Paesi membri stanno vivendo in questo particolare momento storico.
L’Europa rischia di diventare l’anello debole di una catena che sostiene il peso dell’equilibrio mondiale e che nessuno potrà mai sostituire, per motivi geografici, storici e culturali. Tutti i Paesi dell’Unione hanno oggi una grande responsabilità perché determineranno, inesorabilmente, le sorti di una società globale che potrebbe vedere drasticamente spostato il proprio baricentro, a vantaggio sia di quelle potenze emergenti, dalla crescita ormai inarrestabile, sia dei soliti dispensatori di tavolette di cioccolato che progettano di trasformare in parco divertimentii territori su cui hanno appena messo la bandierina del Risiko, ahimè macchiata di rosso.
In tutto questo, il nostro Paese ha l’obbligo morale di schierarsi dalla parte giusta della storia, condannando qualunque forma di violenza e di prevaricazione a livello internazionale e soprattutto proponendo ed attuando delle politiche che riaffermino con forza la centralità dell’Europa a livello globale, evitando nella maniera più assoluta di spalleggiare i bulli del pianeta, nella speranza di godere di incondizionata protezione sottola loro ala, errore fatale già commesso in passato.
Di fronte al mondo, la forza e l’autorità del Vecchio Continente possono essere riaffermate soltanto dimostrando compattezza e unità d’intenti, e questo può avvenire esclusivamente sostenendo politiche comuni e rispettando le direttive dell’Unione.
Il nostro Paese deve essere in prima linea nel combattere piaghe terribili come quelle della povertà, dell’emarginazione sociale, della disoccupazione o del precariato.
Quest’esempio di rinascita può e deve partire dall’istituzione pubblica Scuola, annullando le disuguaglianze fra gli alunni ma, nel contempo, stabilizzando i docenti precari, adeguandosi alla direttiva 70/1999 CE. Non si può dichiarare di volere un’Europa forte e unitaria se non se ne rispettano i principi e le regole essenziali. Non si può affermare che nel mondo è ingiusta la legge del più forte, se già in casa propria si offre l’istruzione e la formazione di base solo a chi può permettersela economicamente, investendo esclusivamente nel privato. Non si può volere la pace internazionale se all’interno dei propri confini non si cerca la pace sociale ma ci si basa su modelli di spietata competizione e prevaricazione.
I docenti di Scuola Lavoro e Libertà auspicano che il Governo italiano diventi promotore in Europa di un modello di giustizia sociale che veda la scuola protagonista, una scuola che costituisca un esempio di solidarietà, di civile convivenza, di sana formazione e di lotta alle disuguaglianze. La cultura del rispetto si affermi nella lotta allo sfruttamento del precariato e nell’offerta di pari opportunità a tutti i cittadini, agli alunni e ai lavoratori.
Pertanto si chiede a questo Governo, guidato dalla Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, di accogliere le istanze presentate dai docenti precari italiani in Europa, con la petizione n. 1264/2024, per dare prova alla comunità internazionale della nostra convinzione nell’accettare i valori europei e per proporre a tutti, con l’esempio concreto, il nostro modello di pacificazione sociale basato sui principi di equilibrio, rispetto reciproco e solidarietà, sperando che tale modello possa costituire una matrice da cui siano forgiati solidi e duraturi rapporti internazionali.
L’Italia fornisca a tutti un esempio di politiche concrete votate al welfare, dove gli investimenti servano afar salireil livello dell’ISU degli Stati europei e non le tensioni internazionali: non ci serve un debito di 150 miliardi di euro per riempire a pressione le nostre polveriere, come vorrebbe il folle progetto dettato dal cieco protagonismo della Presidente della Commissione Europea, ma abbiamo bisogno di libri, strutture antisismiche, docenti d’esperienza, medici, infermieri, nuovi poli ospedalieri e ammortizzatori sociali solidi. Le bombe non servono a costruire ma per demolire o essere demoliti!
Si invitano altresì tutti i docenti e tutti i cittadini, che non abbiano ancora provveduto, a sostenere la petizione europea che mira a restituire dignità alla categoria di lavoratori che instancabilmente continua a plasmare con mani sapienti, sul tornio dell’istruzione, una prospera società del futuro.