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Scontro sulle nuove Indicazioni nazionali: arrivano le critiche degli storici, c’è aria di revisionismo

Crescono le critiche alle nuove Indicazioni nazionali del MiM. Storici e sindacati denunciano un approccio ideologico con accuse di revisionismo.

Giuseppe Valditara

Le nuove Indicazioni nazionali diffuse dal Ministero dell’Istruzione e del Merito continuano a sollevare polemiche: si parla di revisionismo. Al centro del dibattito vi è la percezione di una riforma scolastica imposta dall’alto, senza una reale consultazione delle parti coinvolte.

Nuove Indicazioni nazionali: tante polemiche e critiche dai sindacati e dagli studiosi di storia

Sindacati, associazioni e studiosi lamentano un processo poco trasparente e scarsamente partecipativo. Anche la Cisl Scuola, solitamente più moderata, ha espresso forti critiche, parlando di quesiti “incanalati” verso un’unica direzione. In risposta, la Flc Cgil e diverse realtà educative hanno convocato un’assemblea nazionale il 2 aprile presso l’Università Roma Tre, con l’obiettivo di chiedere una riformulazione condivisa del documento ministeriale.

La denuncia degli storici: “Testi prescrittivi e revisionismo”

Tra le voci più autorevoli nel contestare le nuove linee guida figura la Società Italiana per lo Studio della Storia Contemporanea (Sisco), che ha analizzato in dettaglio il capitolo storico delle Indicazioni. Gli esperti criticano il carattere eccessivamente prescrittivo del testo, che – secondo loro – mira a “colonizzare la manualistica scolastica”, trasformando le linee guida in un programma rigido e vincolante. Viene denunciata una visione nostalgica e superata dell’insegnamento, con riferimenti a modelli narrativi come quello della “Piccola vedetta lombarda” e un approccio nozionistico ormai considerato inadeguato alle sfide educative attuali.

Un passato riscritto: il fascismo “saltato” nei programmi

Il revisionismo storico – Uno degli aspetti più controversi riguarda l’organizzazione cronologica dei contenuti. Secondo la Sisco, il programma dedicato alla seconda elementare concentra l’attenzione sul periodo risorgimentale e post-unitario, saltando del tutto il ventennio fascista. Gli storici sostengono che, pur trattandosi di alunni molto giovani, una minima contestualizzazione del passaggio dal regime alla Costituzione repubblicana sarebbe stata necessaria per evitare una visione distorta del nostro passato. L’assenza di riferimenti espliciti al fascismo viene interpretata come un tentativo di oscurare capitoli cruciali della storia italiana, riducendo la dimensione storica a una narrazione prevalentemente occidentale e nazionale.

Una consultazione che non convince: spazio limitato al confronto sulle nuove Indicazioni nazionali

Anche sul fronte metodologico emergono forti perplessità. La consultazione pubblica promossa dal Ministero viene descritta come una “missione impossibile”, con quesiti standardizzati e uno spazio ridotto – appena 250 caratteri – per suggerimenti su un testo di oltre 150 pagine. La segretaria nazionale della Cisl Scuola, Ivana Barbacci, denuncia l’assenza di un confronto autentico, paragonando la situazione a quella del 2014-15 con la legge 107. Si teme che, in assenza di un vero dialogo, le nuove Indicazioni si trasformino in un terreno di scontro ideologico, anziché in uno strumento educativo condiviso. Un modello ben diverso da quello adottato nel 2012, quando la riforma nacque da un confronto ampio e bipartisan.

L’articolo sul Fatto Quotidiano

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