Il sistema pensionistico italiano si basa principalmente sul Decreto legislativo n. 503/1992, integrato dalla Legge Fornero del 2011. Cambiamenti di questa portata richiederebbero un intervento normativo di pari livello. Anche se una revisione completa non appare imminente nella Manovra 2025, il governo potrebbe varare la riforma definitiva nel corso dell’anno.
La pensione anticipata ordinaria rappresenta un altro punto cruciale della riforma. Attualmente, è possibile andare in pensione con un numero minimo di anni di contributi: 42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne.
Nel 2024, la finestra di attesa per l’erogazione è stata estesa a tre mesi. La riforma delle pensioni 2025 potrebbe prevedere un ulteriore allungamento, arrivando fino a sette mesi per allinearsi a misure come Quota 103 (41 anni di contributi e 62 anni di età).
Il governo mira a ridurre la spesa previdenziale con l’allungamento della finestra di attesa, già programmata fino a nove mesi per le pensioni ex-INPDAP entro il 2028.
Una delle modifiche più discusse riguarda l’introduzione del ricalcolo contributivo per le pensioni anticipate. Questo sistema, meno vantaggioso rispetto al metodo misto, potrebbe ridurre l’importo pensionistico fino al 30% per i lavoratori che hanno iniziato a versare contributi prima del 1995.
Il governo sembra intenzionato a utilizzare il ricalcolo contributivo per le nuove forme di flessibilità in uscita, come già avviene con l’Opzione Donna e il computo in Gestione Separata.
Questa soluzione appare come la carta chiave per introdurre la tanto discussa Quota 41 per tutti, pur mantenendo un equilibrio nei conti pubblici.
Tra le proposte della riforma delle pensioni 2025, spicca Quota 41 per tutti, che consentirebbe di andare in pensione con 41 anni di contributi, indipendentemente dall’età. Tuttavia, il costo elevato per lo Stato ha spinto il governo a valutare limitazioni, come il ricalcolo contributivo e l’accesso riservato ai soli lavoratori precoci.
Secondo la Relazione Tecnica della Corte dei Conti, l’implementazione di Quota 41 potrebbe costare miliardi di euro, richiedendo misure correttive per garantire la sostenibilità economica del sistema previdenziale.
Oltre a Quota 41, si discute di una nuova forma di pensione flessibile a partire dai 64 anni, ma con tagli del 3,5% per ogni anno di anticipo rispetto ai 67 anni. Inoltre, si potrebbe introdurre un tetto minimo dell’assegno pensionistico pari a 1,5 volte l’assegno sociale (circa 800 euro al mese), rendendo più difficile l’accesso per chi ha carriere discontinue.
Il CNEL ha proposto un sistema di pensioni flessibili che penalizzerebbe chi sceglie l’uscita anticipata dal lavoro, ma premia chi ritarda la pensione oltre i 67 anni.
In sintesi, la riforma delle pensioni 2025 disegnerà un quadro complesso e ricco di sfide per il governo e per i lavoratori italiani.