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Rientro in classe, non va tutto bene: molte ordinanze di rinvio dagli Enti locali e dalle Regioni

Ogni giorno che passa aumentano le scuole che rinviano il rientro in classe degli alunni, posticipando l’inizio delle attività didattiche

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Le ordinanze di rinvio da parte dei Sindaci di molte località italiane e dalle Regioni, finalizzate al rientro in classe degli studenti, aumentano di giorno in giorno. A poco meno di tre giorni dalla fatidica data del 14 settembre, aumentano anche le lamentele da parte dell’Associazione delle famiglie: “C’è poca informazione sul rientro”, questa in sintesi la motivazione che spinge molte mamme a criticare l’operato del governo e delle stesse istituzioni scolastiche.

Molti rinvii per il rientro in classe: Presidi e Governatori di Regione prendono decisioni autonome ma motivate

Molte Regioni, alla stessa maniera, hanno anche emanato le ordinanze di rinvio dell’inizio delle lezioni. La regione Marche per esempio provvederà ad un rientro a scuola degli studenti mediante turnazione. Nella Regione Lazio, invece, si è deciso che gli studenti porteranno da casa le mascherine.

La tendenza per il rientro in classe vede molti sindaci a fissare la data del 24 settembre. Ma la maggior parte dei sindaci si trovano costretti ad emanare le ordinanze in quanto i presidi si trovano in difficoltà in relazione alla mancanza degli spazi didattici (aule) e dei dispositivi di protezione individuale per il personale scolastico e per gli studenti (mascherine).

Nella regione Lazio il caso più eclatante: le aule che mancano sono in tutto 9mila e abbracciano molti comuni dell’intero territorio regionale. Il Governatore della Puglia Michele Emiliano nutre persino molti dubbi sulla riapertura di giorno 24 settembre. Emiliano è molto preoccupato, tanto da chiedere ai consiglieri regionali di effettuare loro stessi un monitoraggio approfondito e puntuale sulla situazione emergenziale all’interno delle scuole di tutta la regione.

Oltre al problema degli spazi e delle mascherine si è aggiunto in queste ore quello dei mezzi di trasporto. Nelle Marche a tal proposito un avviso campeggia sulle bacheche di molte scuole: “Su richiesta della Regione e delle Aziende di trasporto le scuole devono ridurre la presenza a scuola dei propri studenti. Di conseguenza una parte degli studenti deve restare a casa ed effettuare la ‘Didattica Digitale Integrata’ (ex Didattica a Distanza)”. Una situazione imbarazzante oltre che paradossale, se si pensa a tutto il tempo che il governo e il Ministero hanno avuto per predisporre tutto quello che le scuole necessitavano per un vero rientro, annunciato solo sulla carta, da slogan e da interviste roboanti da parte della Azzolina.

La verità è che non ci si fida più degli annunci degli esponenti del governo e del CTS

Se pensiamo per esempio che molte istituzioni scolastiche della Regione Lazio chiedono alle famiglie di munire i loro figli di almeno 2 mascherine al giorno (per gli spostamenti a scuola e per indossarle anche sul proprio banco in caso di mancanza di distanziamento) si capisce bene come il messaggio del Commissario Arcuri a proposito degli 11 milioni di mascherina gratuite perde la sua validità, e soprattutto diventa assolutamente poco credibile per tutta l’opinione pubblica del Paese.

La scollatura tra la realtà delle cose e l’informazione istituzionale è palese oltre che evidente dopo la denuncia di questi giorni da parte dell’associazione dei Presidi: “Le mascherine basteranno solo per qualche giorno”. Non solo, nonostante le direttive scritte nero su bianco all’interno dei Protocolli di sicurezza a proposito della misurazione della febbre degli studenti a casa, i Dirigenti scolastici e molti Governatori di regione (Lombardia e Campania) stanno chiedendo i fondi necessari per l’acquisto dei termometri finalizzati alla misurazione della febbre degli alunni prima del loro ingresso a scuola, “esattamente come si fa in ogni altro luogo”.

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