L’applicazione diretta della clausola 4 richiede al giudice nazionale di determinare il trattamento spettante al presunto “discriminato”, di individuare il trattamento riservato al lavoratore comparabile e accertare se l’eventuale disparità sia giustificata da una ragione obiettiva.
Il docente può essere considerato discriminato dall’applicazione del D.Lgs. n. 297/1994 solo se l’anzianità calcolata secondo la norma speciale è inferiore a quella che avrebbe maturato l’insegnante comparabile assunto a tempo indeterminato.
Non si può considerare discriminatorio il trattamento riservato all’assunto a tempo determinato solo perché dopo il quadriennio si applica una riduzione dell’anzianità; è necessario verificare anche l’incidenza dello strumento di compensazione favorevole.
Il problema di trattamento discriminatorio si pone solo se l’anzianità effettiva di servizio con contratti a tempo determinato risulta superiore a quella riconoscibile ex art. 485 del D.Lgs. n. 297/1994.
Nel calcolo dell’anzianità, occorre considerare solo il servizio effettivo prestato, includendo eventuali periodi di assenza giustificata, e non le interruzioni tra un incarico di supplenza e l’altro, né i mesi estivi per le supplenze diverse da quelle annuali.
Bisogna tener conto del servizio prestato in un ruolo diverso da quello per cui si chiede la ricostruzione della carriera, se previsto dall’art. 485, perché lo stesso beneficio è riconosciuto anche al docente a tempo indeterminato che cambia ruolo.
Se il calcolo dell’anzianità risulta superiore con i criteri indicati rispetto all’applicazione dell’art. 485 del D.Lgs. n. 297/1994, la norma interna deve essere disapplicata e al docente va riconosciuto lo stesso trattamento dell’insegnante assunto a tempo indeterminato, poiché l’abbattimento non giustificato da ragione obiettiva non è conforme al diritto UE.
La Corte di Cassazione ha confermato l’orientamento già espresso, in linea con quanto stabilito dalla Corte UE, che il 30 novembre 2023 ha affermato che la clausola 4 dell’accordo quadro ostacola una normativa nazionale.
Ai fini del riconoscimento dell’anzianità di un lavoratore al momento della sua nomina come dipendente pubblico di ruolo, esclude i periodi di servizio prestati con contratti di lavoro a tempo determinato che non raggiungano i 180 giorni in un anno scolastico o non siano svolti con continuità dal 1 febbraio fino al termine delle operazioni di scrutinio finale.
La normativa limita inoltre, ai due terzi il computo dei periodi eccedenti i quattro anni, con riserva di recupero del rimanente terzo dopo un certo numero di anni di servizio.