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Riconoscimento dei titoli esteri: l’Italia e l’incoerenza europeista

Il Comitato DPSE denuncia il mancato riconoscimento dei titoli esteri di sostegno, esponendo l'Italia a sanzioni UE e creando disparità di trattamento.

DPSE

Riceviamo e pubblichiamo il seguente comunicato stampa da parte del Comitato Nazionale Scuola Docenti Precari Specializzati Abilitati in Europa (DPSE), che denuncia il mancato riconoscimento dei titoli esteri di specializzazione sul sostegno. Il comunicato evidenzia l’incoerenza di chi si proclama europeista ma nega, di fatto, i diritti garantiti dall’UE, sottolineando le possibili conseguenze per l’Italia, inclusa una procedura di infrazione da parte della Commissione Europea.

L’incoerenza di chi si dichiara europeista ma nega i diritti europei.

Oggi ci troviamo di fronte a una situazione paradossale e inaccettabile: migliaia di docenti italiani, circa 12.000, che hanno conseguito regolarmente il loro titolo di specializzazione sul sostegno presso un’università statale in un Paese dell’Unione Europea, si vedono negato il diritto al riconoscimento del loro percorso formativo nonostante le normative europee e nazionali ne garantiscano il diritto.

L’Unione Europea, attraverso la Direttiva 2005/36/CE e la successiva Direttiva 2013/55/UE, ha stabilito che i titoli professionali ottenuti in uno Stato membro devono poter essere riconosciuti negli altri Stati membri. L’Italia ha recepito queste direttive con i Decreti Legislativi 206/2007 e 15/2016, rendendole quindi legge dello Stato. A differenza del passato, in cui la questione dei titoli esteri è stata ignorata e accantonata, il Ministero dell’Istruzione e del Merito, sotto la guida del Ministro Valditara sta finalmente affrontando, insieme al Governo, il problema con misure concrete.

Il DL 71/2024 rappresenta il primo vero tentativo di dare una soluzione strutturata, attraverso i corsi INDIRE, per garantire ai docenti specializzati all’estero il pieno riconoscimento del loro percorso. È di giustizia però che nei decreti attuativi venga riconosciuta la reale preparazione di questi insegnanti, evitando un’inutile ripetizione di percorsi già svolti presso università statali europee. In tal senso, si confida in un’adeguata valutazione del numero di CFU da integrare, in linea con la giurisprudenza del TAR e del Consiglio di Stato, che ha più volte ribadito il principio della compensazione limitata alle eventuali differenze tra i percorsi formativi. 

La commissione europea bacchetta l’Italia: in arrivo una procedura di infrazione.

La Commissione Europea, rispondendo a un esposto formale, ha ufficialmente bacchettato l’Italia per il mancato rispetto delle normative comunitarie. Corinne Guidicelli, Commissaria Europea, ha dichiarato che la situazione italiana dimostra un ritardo inaccettabile nel trattamento delle domande di riconoscimento dei titoli esteri e ha aperto una procedura di verifica che potrebbe sfociare in una procedura di infrazione ai sensi degli artt. 226, 258 e 259 del TFUE.

Questo significa che l’Italia rischia sanzioni pesantissime per la sua condotta omissiva e discriminatoria, che viola i principi fondamentali dell’UE, tra cui:

  • Libera circolazione dei lavoratori (art. 45 TFUE)
  • Libera prestazione dei servizi (art. 56 TFUE)
  • Diritto alla parità di trattamento e non discriminazione tra i cittadini dell’Unione Europea

L’Italia, di fatto, sta trattando come docenti di serie B coloro che hanno conseguito un titolo in un Paese UE, mentre quegli stessi titoli sono riconosciuti in tutti gli altri Stati membri senza alcun problema. 

Il paradosso di chi nega il riconoscimento dei titoli esteri ma si dichiara europeista.

E qui emerge il grande paradosso di una piccola parte del mondo politico, sindacale, scolastico e universitario: molti di coloro che oggi si oppongono al riconoscimento dei titoli esteri sono gli stessi che si definiscono europeisti e che promuovono l’integrazione europea. Ma se davvero si crede nell’Europa, non si può accettare solo ciò che fa comodo e rifiutare le normative comunitarie quando non corrispondono agli interessi politici di parte. Se si è europeisti, lo si è sempre. Non a giorni alterni. Se si riconosce l’Europa come spazio di diritti e libertà, non si può pretendere che il mercato unico valga solo per le merci e non per le persone e le loro qualifiche. Chi oggi nega il riconoscimento dei titoli esteri sta spingendo l’Italia fuori dall’Europa, perché:

  • Sta creando una disparità di trattamento contraria ai principi europei.
  • Sta accumulando infrazioni e sanzioni che ci allontanano dall’UE.
  • Sta danneggiando migliaia di docenti, costringendoli a lavorare senza il riconoscimento di un diritto che hanno già ottenuto in uno Stato membro.

Queste loro affermazioni non sono solo una violazione delle direttive europee, ma un atto di incoerenza profonda da parte di coloro che, a parole, si dichiarano europeisti ma, nei fatti, rifiutano le regole dell’Europa quando non fa comodo. Chi oggi si oppone al riconoscimento di questi titoli, sia esso politico, docente, sindacalista o burocrate universitario in realtà, si oppone all’Europa stessa e sta contribuendo a far perdere credibilità all’Italia a livello internazionale.

Per questo è necessario l’immediato riconoscimento dei titoli, senza ulteriori rinvii, senza inutili ostacoli burocratici e senza più ipocrisie. L’Europa non è un optional: o si rispettano le sue regole sempre, oppure si ammette di voler collocare l’Italia fuori dall’Europa. 

Il Comitato Nazionale Scuola Docenti Precari Specializzati Abilitati in Europa (DPSE) in rappresentanza di oltre 2700 docenti con titolo estero, sottoscrittori della petizione per l’avvio immediato dei corsi INDIRE :

https://www.petizioni.com/il_comitato_scuola_chiede_lavvio_immediato_dei_corsi_indire_stop_ai_rigetti_e_ai_licenziamenti_garantiamo_diritti_e_continuita_per_studenti_e_docenti

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