La spinosa questione della regionalizzazione nella scuola pubblica italiana tiene banco in queste ore. Sono tante le opinioni circa questo argomento e le ricette su come attuarla provengono proprio dalle diverse compagini politiche che si fronteggiano, da nord a sud.
A porre la questione, peraltro ancora aperta oltre che attuale, sono oggi gli stessi governatori delle principali regioni del Paese. Un confronto serrato su questa tematica è avvenuto ieri, durante i lavori del Forum di Cernobbio.
Regionalizzazione: le opinioni dei governatori a confronto
Il Presidente della regione Lombardia, Attilio Fontana, per esempio sarebbe favorevole ad una regionalizzazione ‘completa’ che coinvolga la scuola al 100%. Pieno controllo del reclutamento dei professori da parte della Regione e diversificazione (con un deciso aumento) delle retribuzioni del personale in servizio.
La pensa nettamente in maniera opposta il suo omologo campano, Vincenzo De Luca, il quale rifiuta un coinvolgimento diretto dell’Ente che presiede soprattutto per quanto concerne il trattamento economico del personale scolastico. Non solo, ma secondo De Luca l’applicazione dell’autonomia differenziata a scuola, così come proposta da Fontana, potrebbe portare alla costituzione di una scuola di serie A e una di serie B. La strada prospettata da Fontana dunque risulterebbe assolutamente impercorribile.
Infine, l’autorevole opinione sulla regionalizzazione proviene anche dal governatore dell’Emilia Romagna, Stefano Bonaccini. A quanto pare, secondo il governatore emiliano, l’autonomia differenziata a scuola dovrebbe attuarsi solo per la formazione del personale. Aborra l’idea che la Regione diventi il datore di lavoro degli insegnanti e del personale ATA. Diventa viceversa di fondamentale importanza raccogliere le istanze dei bisogni di questi lavoratori, al fine di risolvere una volta per tutte l’annoso problema della supplentite.
La scuola deve rimanere fuori dall’autonomia differenziata: “Si corre il rischio di avere una scuola di serie A e una di serie B”
Insomma, queste diverse posizioni confermano il fatto che su questo argomento c’è parecchia contrapposizione ideologica oltre che politica. Le posizioni illustrate dai tre governatori sono il risultato di due modi di concepire la politica scolastica. Per De Luca e Bonaccini rimane indubbio che la scuola deve essere scevra dalle logiche politiche e territoriali, se non per andare incontro ai bisogni di un sud d’Italia sempre più in difficoltà. Al contrario, per Fontana la scuola diventerebbe regionale al 100%, una concezione prettamente leghista e divisiva rispetto a quanto affermato dalla Carta Costituzionale.
Secondo chi scrive e secondo l’opinione dei principali lavoratori di questo comparto della pubblica amministrazione, la scuola prima di tutto deve rimanere libera in tutti i sensi; diventa petanto inconcepibile persino pensare ad un diverso trattamento economico, funzionale al costo dei servizi dei diversi territori italiani in cui gli insegnanti prestano il loro servizio.
Se vogliamo dirla tutta, la politica dovrebbe occuparsi principalmente di ridurre il gap relativo al tenore di vita, tra le Regioni del nord e quelle del sud del nostro Paese.
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