Le università italiane, statali e non telematiche, sono state finora l’unico ente autorizzato a organizzare questi corsi, svolti in modalità prevalentemente in presenza. Nonostante le difficoltà, il sistema universitario ha risposto con risorse e competenze adeguate. L’accusa di disinteresse, avanzata dal Ministro, appare dunque infondata e potenzialmente lesiva per la reputazione degli atenei e del corpo docente coinvolto nella formazione.
La scelta di includere l’INDIRE nei corsi di specializzazione, per quanto legittima, rischia di essere percepita come un tentativo di indebolire il ruolo delle università tradizionali, aprendo la strada a nuove realtà formative, come le università telematiche. Queste ultime, finora escluse dai percorsi di specializzazione sul sostegno, potrebbero entrare nel sistema attraverso convenzioni con l’INDIRE.
La riforma, che prevede l’attivazione di corsi di specializzazione a distanza, solleva dubbi su qualità ed equità formativa. L’ingresso delle università telematiche in questo settore potrebbe compromettere standard consolidati, come l’interazione diretta tra studenti e docenti, elemento essenziale per la preparazione di insegnanti di sostegno.
Inoltre, l’affermazione del Ministro, secondo cui le università avrebbero mostrato una mancanza di interesse nella formazione dei docenti, appare smentita dai numeri. Il sistema universitario, nonostante le difficoltà di finanziamento, ha dimostrato di essere in grado di rispondere alla domanda formativa in modo significativo. La scelta di avvalersi dell’INDIRE, pur giustificabile sotto alcuni aspetti, dovrebbe essere accompagnata da un maggiore riconoscimento del lavoro svolto dagli atenei italiani.
Di fronte a queste discrepanze, è fondamentale avviare un confronto pubblico e trasparente tra il Ministero e le istituzioni universitarie. Le decisioni strategiche che riguardano la formazione dei docenti devono essere basate su dati oggettivi e non su narrazioni che possono minare la fiducia nel sistema educativo.
L’istruzione è un bene pubblico e collettivo, e il dibattito sulle politiche formative deve essere condotto con rigore e rispetto per tutte le parti coinvolte. In questo senso, un invito al Ministro Valditara a discutere con esperti e rappresentanti del mondo accademico appare più che opportuno, per chiarire non solo le sue affermazioni, ma anche la direzione che il sistema educativo intende intraprendere.