Il Ministero ha anche invocato il blocco degli aumenti economici stabilito dall’articolo 9, comma 21 della Legge 78/2010. Tuttavia, la Corte ha respinto anche questa argomentazione, sottolineando che tali restrizioni non possono annullare il diritto dei lavoratori di ricevere gli aumenti previsti dal contratto.
Il Ministero dell’Istruzione e del Merito è stato dunque condannato a pagare un totale di 6.374 euro, oltre alle spese legali, alla lavoratrice che ha presentato il ricorso.
Questa sentenza rappresenta un importante precedente per il riconoscimento dei diritti economici del personale ATA. La mancanza di fondi non può essere utilizzata come scusa per negare ai lavoratori ciò che spetta loro per contratto.