Nel 2025, la rivalutazione delle pensioni torna a seguire il sistema delle fasce previsto dalla legge 388 del 2000, dopo che negli ultimi due anni il governo Meloni aveva introdotto tagli straordinari per contenere la spesa previdenziale.
La Legge di Bilancio 2025, infatti, non prevede alcun taglio alla rivalutazione, con l’inflazione calata rispetto agli anni precedenti e un possibile intervento della Corte Costituzionale che potrebbe dichiarare incostituzionali le misure degli anni passati.
La nuova manovra permette quindi un ritorno alla rivalutazione in tre fasce, con un indice di adeguamento stimato all’1,6%, come da previsioni dell’Istat, anche se i dati ufficiali saranno confermati a fine anno.
Come si applicano le tre fasce di rivalutazione
Per il 2025, il meccanismo di rivalutazione prevede tre fasce, differenziando gli assegni in base all’importo percepito rispetto alla pensione minima. I pensionati che ricevono un importo inferiore a tre volte il minimo INPS avranno una rivalutazione piena, con l’intero adeguamento dell’1,6% applicato sui loro assegni.
La seconda fascia riguarda invece chi percepisce tra tre e cinque volte il minimo: per loro l’incremento sarà ridotto, ricevendo circa il 90% dell’indice di adeguamento. Infine, i pensionati con importi superiori a cinque volte il minimo otterranno una rivalutazione parziale, pari al 75% dell’indice Istat.
Questo sistema mira a tutelare maggiormente i pensionati con redditi più bassi, garantendo loro un aumento completo, mentre per gli importi più elevati si applicano aliquote inferiori.
L’applicazione di queste tre fasce di rivalutazione restituisce ai pensionati un sistema più equo, che rispetta la progressività in funzione dell’importo percepito. La rivalutazione in fasce era stata ridotta nelle precedenti Leggi di Bilancio, ma nel 2025 non si prevedono più tagli e limitazioni per chi risiede in Italia.
Per questi pensionati, quindi, l’adeguamento dell’assegno rifletterà direttamente l’andamento dei prezzi, anche se con incrementi minori rispetto agli anni di alta inflazione.
Novità per i pensionati residenti all’estero: stretta sugli aumenti
Una novità significativa riguarda i pensionati italiani che risiedono all’estero, i quali nel 2025 vedranno sospesa la rivalutazione in base all’inflazione. Questo significa che per la maggior parte dei pensionati italiani residenti all’estero, non ci saranno incrementi automatici sugli assegni, a eccezione delle pensioni minime, che continueranno a ricevere un adeguamento.
Questa misura, indicata come temporanea nella manovra, punta a contenere la spesa previdenziale senza intaccare le pensioni più basse, ma potrebbe rappresentare un cambiamento significativo per molti pensionati. Al momento, non è chiaro se tale decisione resterà valida anche negli anni successivi o se sarà limitata al solo 2025.
Per molti pensionati all’estero, questa decisione si tradurrà in un blocco degli aumenti che in Italia invece saranno applicati. Questo potrebbe alimentare un dibattito, considerando che molti di questi pensionati hanno comunque contribuito ai sistemi previdenziali italiani e contano sugli adeguamenti per far fronte all’aumento dei costi della vita nel paese in cui risiedono.
Tuttavia, l’unico caso in cui l’adeguamento è garantito riguarda le pensioni minime, a tutela di chi percepisce redditi bassi anche fuori dai confini italiani.
Indice di adeguamento e stime: cosa aspettarsi sugli importi
Secondo le stime dell’Istat, l’indice di adeguamento per il 2025 si dovrebbe attestare intorno all’1,6%, un valore decisamente inferiore a quello degli anni precedenti, quando l’inflazione era più alta e aveva portato a rivalutazioni più sostanziali. Per chi riceve meno di tre volte il minimo, ad esempio, l’incremento dell’1,6% sarà applicato interamente. Se un pensionato percepisce 1.500 euro al mese, si può attendere un aumento mensile di circa 24 euro, con un importo annuo aggiuntivo di circa 288 euro. Chi si trova nella fascia tra tre e cinque volte il minimo, con un assegno di circa 2.500 euro, riceverà un aumento pari a circa 36 euro al mese, mentre per le pensioni più elevate l’aumento si attesterà sui 30 euro mensili.
Nonostante l’adeguamento limitato, per molti pensionati italiani questo ritorno alla rivalutazione ordinaria rappresenta un segnale positivo, dopo gli interventi restrittivi degli ultimi due anni. Tuttavia, chi si aspettava un aumento consistente potrebbe restare deluso, poiché l’inflazione più bassa si traduce in incrementi contenuti.
Cosa potrebbe cambiare in futuro per le rivalutazioni delle pensioni
La mancata conferma dei tagli straordinari rappresenta una novità importante, ma il dibattito sulle modalità di rivalutazione resta aperto. La Corte Costituzionale potrebbe pronunciarsi sulla legittimità dei tagli degli anni scorsi, il che potrebbe influenzare le scelte future del governo in tema di rivalutazione. Inoltre, se l’inflazione dovesse tornare a crescere, si potrebbe valutare l’introduzione di misure correttive o ulteriori modifiche alla legge attuale.
Per il 2025 i pensionati italiani possono contare su un ritorno alla rivalutazione ordinaria in tre fasce, con aumenti più modesti, ma senza le limitazioni che avevano caratterizzato gli ultimi due anni.
I pensionati all’estero subiranno un blocco degli aumenti, a meno che non percepiscano pensioni minime, ma la manovra lascia aperta la possibilità di futuri interventi correttivi. Questo sistema mira a bilanciare la tutela del potere d’acquisto delle pensioni in Italia con una gestione oculata delle risorse, offrendo agli importi più bassi una maggiore protezione rispetto agli assegni di importo più elevato.
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