Il caso delle cinque studentesse di Monfalcone che indossavano il niqāb a scuola ha acceso il dibattito su regole, integrazione e libertà individuale. Prima dell’ingresso in classe, una referente dell’istituto verificava la loro identità in una stanza riservata, alzando il velo per riconoscerle. Questa prassi, adottata per garantire la partecipazione alle lezioni, ha sollevato interrogativi sulla compatibilità del velo integrale con le normative scolastiche italiane.
Ciriani: “In classe si sta a volto scoperto”
Il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani, ha ribadito che nelle scuole italiane il volto deve restare scoperto, sottolineando che il rispetto delle leggi non può essere messo in discussione per motivi religiosi. Ha inoltre annunciato che il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara sta già affrontando la questione, mentre il sottosegretario Paola Frassinetti visiterà Monfalcone nei prossimi giorni per approfondire il caso.
Verso una legge sul niqāb nelle scuole?
La vicenda ha riacceso il dibattito politico, con Fratelli d’Italia che ha organizzato una conferenza stampa per domenica. Nel frattempo, Valditara avrebbe sollecitato l’introduzione di una normativa più chiara in merito, posizione condivisa dal presidente del Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga. Quest’ultimo ha dichiarato che il niqāb rappresenta un ostacolo all’integrazione e si discosta dai principi di inclusione scolastica.
La posizione della comunità islamica
Il presidente del centro culturale islamico di Monfalcone ha espresso rispetto per le decisioni della scuola, sottolineando l’importanza dell’istruzione al di sopra di qualsiasi scelta individuale. Ha ribadito che indossare il velo resta una decisione personale e che nessuna imposizione proviene dalle famiglie. Se la scuola vietasse il niqāb, ogni studentessa sarebbe libera di decidere come comportarsi.
