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Neutralizzazione contributi: la Cassazione apre al ricalcolo delle pensioni

La Cassazione cambia le regole sulla neutralizzazione contributiva: anche i pensionati possono richiedere il ricalcolo dell’assegno, ottenendo importi più alti.

Sentenza Corte di Cassazione

La Cassazione ha modificato le regole sulla neutralizzazione dei contributi, introducendo un’importante novità per i pensionati. Con la sentenza n. 30803 del 2024, i giudici hanno stabilito che l’estromissione dei contributi penalizzanti non deve essere necessariamente richiesta al momento della domanda di pensione, ma può avvenire anche in un secondo momento. Questa decisione consente di ricalcolare l’assegno previdenziale e ottenere importi più alti al raggiungimento dell’età di vecchiaia.

Cosa cambia per i pensionati

In passato, la richiesta di neutralizzazione doveva avvenire contestualmente alla domanda di pensione. Ora, grazie alla nuova interpretazione della Corte, anche chi è già in pensione può chiedere di escludere fino a cinque anni di contributi sfavorevoli dal calcolo. Questa possibilità riguarda solo chi ha raggiunto i 67 anni, il requisito anagrafico per la pensione di vecchiaia, ma offre anche un’opportunità per chi ha scelto il pensionamento anticipato. Una volta raggiunto il limite di età, infatti, si può ottenere un ricalcolo dell’assegno con un incremento dell’importo mensile.

Le regole della neutralizzazione contributiva

La neutralizzazione può essere applicata solo ai contributi successivi alla maturazione del diritto alla pensione. Per la pensione di vecchiaia, il periodo minimo di versamenti richiesto è di 20 anni, mentre per la pensione anticipata servono 42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne. È possibile escludere dal conteggio un massimo di 260 settimane di contributi (5 anni), purché siano consecutive.

Un sistema pensionistico più equo

Secondo gli avvocati Celeste Collovati e Massimo Leonardi, la sentenza rappresenta un passo avanti verso un sistema pensionistico più giusto, in linea con il principio costituzionale di uguaglianza. Eliminando dal calcolo i periodi con retribuzioni più basse, si evita che situazioni economiche temporanee penalizzino eccessivamente il trattamento previdenziale. La possibilità di intervenire anche dopo il pensionamento offre dunque uno strumento in più per garantire un assegno più equo e rispondente alla carriera lavorativa effettiva.


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