Nel frattempo, un caso simile riguarda Yana, una compagna di scuola tetraplegica con deficit cognitivo. Anche la sua famiglia ha ricevuto innumerevoli rifiuti, fino a quando un’unica scuola di danza si è dichiarata disponibile, pur non essendo una soluzione adatta data la sua condizione.
Molti istituti contattati dalla famiglia di Tommy hanno giustificato il rifiuto con la mancanza di personale e strutture adeguate. Alcune scuole hanno escluso la sua iscrizione per l’incapacità di garantire assistenza durante le pause o per la pericolosità di laboratori e attrezzature.
Le scuole private, come il Gonzaga e il Don Bosco, pur avendo la possibilità di far pagare ore di sostegno alle famiglie, hanno dichiarato di non essere attrezzate per accogliere studenti con disabilità gravi. Anche istituti rinomati come il Verdi, che avrebbe potuto integrare la musicoterapia nel percorso formativo di Tommy, hanno declinato la richiesta.
La questione solleva un interrogativo più ampio: dove vanno i ragazzi con disabilità dopo i 14 anni? Molti di loro finiscono in centri diurni, allontanandosi dal contesto scolastico e dai coetanei, con un impatto significativo sulla loro crescita sociale e personale.
I genitori di Tommy denunciano un sistema che consente alle scuole di selezionare gli alunni, escludendo a priori chi necessita di maggiore supporto. Una situazione che lascia molte famiglie senza alternative e che richiede una riflessione urgente sulle politiche di inclusione scolastica in Italia.