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Lo Ius Scholae torna a dividere la politica italiana

Il dibattito sullo Ius Scholae divide la politica italiana: una riforma della cittadinanza per studenti stranieri tra sostegno e opposizione

Politica

Il tema dello Ius Scholae sta nuovamente creando divisioni all’interno della politica italiana. Da una parte, Forza Italia sostiene la proposta di una riforma che permetta di regolarizzare gli studenti e le studentesse straniere in Italia. Dall’altra, leader come Giorgia Meloni e Matteo Salvini si oppongono, adducendo motivazioni legate a “priorità” di altri temi o utilizzando argomenti che sminuiscono la questione.

L’Italia è da sempre un Paese di migrazioni, sia verso l’interno che verso l’esterno. Nonostante ciò, la destra estremista ha contribuito a creare l’allarme immigrazione, cercando di unire i “veri italiani” attraverso un forte senso di patriottismo. Storicamente, l’Italia si è rivelata un Paese difficile da abitare per gli stranieri, a causa di razzismo istituzionalizzato e negazione dei diritti. Tuttavia, in Italia vivono molti stranieri, alcuni dei quali hanno figli e nipoti nati sul territorio.

Il dibattito sulla cittadinanza, nelle sue varie forme e proposte, rimane un tema complesso e fortemente ideologizzato. Spesso vittima di paure riguardanti una presunta perdita dell’identità italiana, il dibattito rischia di ridursi a un semplice passatempo da salotto televisivo senza portare a risultati concreti.

Che cos’è lo Ius Scholae e come ottenerlo

Lo Ius Scholae rappresenta una delle proposte per determinare la cittadinanza dei giovani residenti e studenti in Italia. Questo sistema permetterebbe di riconoscere la cittadinanza italiana ai giovani nati o arrivati in Italia prima dei 12 anni e che abbiano risieduto legalmente nel Paese. Per ottenerla, sarebbe necessario aver frequentato almeno cinque anni di studio in Italia in uno o più cicli scolastici.

Questa riforma potrebbe regolarizzare quasi mezzo milione di giovani stranieri in cinque anni, molti dei quali si sentono italiani o figli di due Paesi. Al compimento dei 18 anni, questi giovani potrebbero quindi richiedere la cittadinanza in forma volontaria.

La differenza con lo Ius Soli

Attualmente, l’Italia adotta lo Ius Sanguinis, un sistema di acquisizione della cittadinanza per discendenza o filiazione, sancito dalla legge 91 del 1992. Lo Ius Sanguinis si differenzia dallo Ius Scholae poiché prevede l’appartenenza a un altro soggetto con cittadinanza italiana, come un genitore o un tutore. Questo principio ha creato nel tempo non pochi problemi di appartenenza tra i giovani stranieri in Italia.

Al contrario, lo Ius Soli propone di concedere la cittadinanza a chi nasce sul territorio italiano. Tuttavia, questa proposta ha suscitato critiche da parte di chi considera la migrazione via mare come il “problema dell’Italia” e ha costruito su questo un discorso politico basato sulla contrapposizione “noi contro loro”, alimentando razzismo e paura.

Chi sostiene e chi si oppone alla Facoltà di Giurisprudenza

Il dibattito sullo Ius Scholae ha generato uno scontro acceso tra Antonio Tajani e Matteo Salvini, al quale si è aggiunta anche la premier Giorgia Meloni. Tajani, leader di Forza Italia, insiste sull’importanza della riforma, mentre Meloni sembra voler evitare un possibile allargamento del bacino elettorale moderato, spingendo la discussione nell’ombra.

Meloni aveva espresso supporto per lo Ius Scholae nel 2022, ma ora si oppone alla riforma.

Nel frattempo, l’opposizione tenta di introdurre una mozione per settembre, chiedendo al governo di impegnarsi nel cambiare le norme sulla cittadinanza e calendarizzare la discussione per ottobre. Nonostante Tajani possa ottenere qualche concessione, la maggioranza sembra ferma sulla posizione di non intraprendere alcuna riforma, come dichiarato dal ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, che ha citato persino l’Impero Romano e la cristianità per giustificare la sua posizione.

La posizione della società civile

Le scuole italiane ospitano migliaia di alunni senza cittadinanza: in Piemonte sono 88mila, in Toscana 87mila e in Lombardia 70mila. L’Associazione Docenti e Dirigenti Scolastici Italiani (ADI) e l’Associazione Nazionale Insegnanti e Formatori (ANIEF) sostengono la riforma dello Ius Scholae, evidenziando l’importanza della scuola come luogo di integrazione.

Giovanni Cominelli dell’ADI ha sottolineato che la scuola è il luogo dove tutti i ragazzi camminano insieme, indipendentemente dall’origine etnica. Marcello Pacifico di ANIEF ha aggiunto che il diritto alla cittadinanza non dovrebbe basarsi solo sulla nascita o sulla lingua, ma sulla cultura che si insegna nelle scuole italiane.

Il dibattito sullo Ius Scholae riflette una più ampia discussione su cosa significhi essere italiani e come integrare chi è già parte della società italiana. Mentre il dibattito politico continua, migliaia di giovani affrontano ogni giorno le conseguenze dell’assenza di cittadinanza.

La riforma dello Ius Scholae potrebbe rappresentare un passo avanti verso una società più inclusiva e giusta.

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