Uno dei problemi principali che penalizzano i lavoratori italiani è il sistema fiscale. Le detrazioni e i bonus accumulati nel tempo hanno generato una tassazione caotica, con effetti paradossali: in alcuni casi, un aumento dello stipendio lordo può portare a una riduzione del netto. Inoltre, gli stipendi superiori ai 50.000 euro annui subiscono una pressione fiscale elevata. La soglia massima dell’Irpef, ridotta nel 2021 da 75.000 a 50.000 euro, ha creato una situazione in cui un dipendente con 50.000 euro lordi annui paga la stessa aliquota di chi guadagna 200.000 euro, penalizzando il ceto medio-alto.
Questa situazione spinge sempre più giovani a cercare opportunità all’estero. La decisione di trasferirsi dipende da vari fattori, come la qualità della vita, i servizi offerti e la tassazione. Tuttavia, gli stipendi e il carico fiscale rimangono determinanti. I giovani, avendo meno necessità di assistenza sanitaria o servizi per l’infanzia, privilegiano luoghi dove possono ottenere retribuzioni più alte e migliori prospettive di carriera. Anche l’offerta formativa e la possibilità di acquisire competenze spendibili nel mercato del lavoro giocano un ruolo chiave. Su tutti questi fronti, l’Italia registra ritardi significativi, incentivando la fuga dei talenti verso Paesi con migliori opportunità economiche.