mercoledì, 19 Febbraio 2025
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L’Italia ultima tra i Paesi OCSE per stipendi netti e potere d’acquisto: lo certifica un’analisi Eurostat

L'Italia è ultima tra i Paesi europei per stipendi reali e potere d'acquisto. L'analisi Eurostat evidenzia il divario rispetto a Francia, Germania e Spagna.

Un recente studio di Eurostat evidenzia il divario tra gli stipendi netti medi nei Paesi OCSE, considerando il potere d’acquisto reale. La classifica mostra come l’Italia si posizioni all’ultimo posto tra le grandi economie europee, dietro a Francia, Germania e Spagna. I dati, aggiornati al 2023, utilizzano il Purchasing Power Standard (PPS), un’unità di misura che permette di confrontare il potere d’acquisto tra diversi Paesi. In altre parole, 1.000 PPS in Italia equivalgono a 1.000 PPS in qualsiasi altra nazione OCSE, a prescindere dalla valuta locale.

Stipendi medi: Italia sotto la media UE

Secondo lo studio, lo stipendio netto medio di un single senza figli nell’Unione Europea nel 2023 è stato di 27.500 PPS, mentre in Italia si ferma a circa 24.000 PPS, segnando un divario del 15% rispetto alla media UE. La Svizzera guida la classifica con oltre 47.000 PPS, seguita da Paesi Bassi (38.000 PPS), Norvegia, Lussemburgo, Austria e Germania. Quest’ultima registra un reddito medio di 34.900 PPS, mentre in Francia si attestano a 28.500 PPS e in Spagna a 24.500 PPS. Il divario è evidente: gli stipendi tedeschi superano quelli italiani del 45%, quelli francesi del 18%, mentre la differenza con la Spagna è minima (+2%).

Il peso della tassazione sui redditi in Italia: i dati Eurostat

Uno dei problemi principali che penalizzano i lavoratori italiani è il sistema fiscale. Le detrazioni e i bonus accumulati nel tempo hanno generato una tassazione caotica, con effetti paradossali: in alcuni casi, un aumento dello stipendio lordo può portare a una riduzione del netto. Inoltre, gli stipendi superiori ai 50.000 euro annui subiscono una pressione fiscale elevata. La soglia massima dell’Irpef, ridotta nel 2021 da 75.000 a 50.000 euro, ha creato una situazione in cui un dipendente con 50.000 euro lordi annui paga la stessa aliquota di chi guadagna 200.000 euro, penalizzando il ceto medio-alto.

Fuga dei talenti: salari e prospettive lavorative

Questa situazione spinge sempre più giovani a cercare opportunità all’estero. La decisione di trasferirsi dipende da vari fattori, come la qualità della vita, i servizi offerti e la tassazione. Tuttavia, gli stipendi e il carico fiscale rimangono determinanti. I giovani, avendo meno necessità di assistenza sanitaria o servizi per l’infanzia, privilegiano luoghi dove possono ottenere retribuzioni più alte e migliori prospettive di carriera. Anche l’offerta formativa e la possibilità di acquisire competenze spendibili nel mercato del lavoro giocano un ruolo chiave. Su tutti questi fronti, l’Italia registra ritardi significativi, incentivando la fuga dei talenti verso Paesi con migliori opportunità economiche.

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