In un recente intervento in Parlamento, la premier Meloni ha sottolineato alcuni passaggi controversi del Manifesto, soffermandosi in particolare sul riferimento ad un’ipotetica dittatura rivoluzionaria. Tuttavia, tale elemento fu già successivamente corretto dallo stesso Spinelli, che durante la fondazione del Movimento Federalista Europeo (Mfe) nel 1943 propose la creazione di un movimento trasversale che unisse le diverse forze antifasciste in nome di una “Europa libera e unita”. La Presudente del Consiglio Meloni ha anche evidenziato il carattere socialista del Manifesto, enfatizzando la sua presunta tendenza statalista. Tuttavia, il documento si esprime in realtà con una visione equilibrata sulla proprietà privata, simile a quella adottata dalla Costituzione italiana: prevede infatti la possibilità di limitarla, correggerla o estenderla in base alle esigenze economiche.
L’importanza del Manifesto di Ventotene non risiede nell’accettazione integrale delle sue tesi, ma nella sua visione innovativa e nella capacità di anticipare la necessità di un’integrazione europea. Lo stesso Spinelli, nelle sue memorie ‘Come ho tentato di diventare saggio‘, ammetteva gli errori e le ingenuità presenti nel documento. Spinelli dimostrò la sua visione pragmatica anche in seguito: nel 1947 appoggiò il Piano Marshall e nel 1978, da parlamentare della Sinistra indipendente, votò a favore del Sistema monetario europeo, mentre il PCI di Enrico Berlinguer si oppose e il PSI di Bettino Craxi si astenne.
Pur legittimando le critiche basate su una visione nazionalista, conservatrice o liberista, l’attacco al Manifesto di Ventotene rischia di essere sterile se privato del contesto storico e politico che ne ha determinato la nascita. Il documento resta un pilastro fondamentale nella costruzione dell’Europa moderna e va valutato con una prospettiva storica che ne evidenzi la portata innovativa.