Per esempio, le donne con quattro figli godranno di uno sconto di ulteriori quattro mesi sull’età pensionabile, mentre per chi desidera accedere alla pensione anticipata contributiva a 64 anni sarà possibile includere anche la rendita derivante da un eventuale fondo pensione complementare. Le altre misure già esistenti come Ape Sociale, Opzione Donna e Quota 103 vengono confermate, senza però apportare significativi miglioramenti alle opzioni di flessibilità.
Il governo ha confermato l’Ape Sociale, una misura introdotta dai precedenti governi di centrosinistra per garantire un’uscita anticipata dal lavoro ai lavoratori in condizioni più fragili. Questa misura, rinnovata annualmente, rappresenta uno strumento di tutela per lavoratori che affrontano difficoltà socio-economiche o fisiche. Tuttavia, l’anno scorso, l’Ape Sociale ha subito un incremento di 5 mesi nell’età di accesso, portandola a 63 anni e 5 mesi, che ne riduce l’accessibilità.
Anche Opzione Donna, nata prima dell’attuale governo, continua a esistere ma in una forma limitata. Fino al 2022, Opzione Donna permetteva alle lavoratrici di andare in pensione a 58 anni (59 per le lavoratrici autonome), ma oggi richiede un’età di 61 anni, con uno sconto massimo di 12 mesi per figlio (fino a un massimo di due anni).
Questa misura è inoltre riservata solo a lavoratrici in condizioni particolari come l’invalidità, la disoccupazione, o l’assistenza come badante. Le restrizioni hanno notevolmente ridotto la platea delle beneficiarie, riducendo la misura a una percentuale esigua di lavoratrici rispetto alle potenziali richiedenti.
La Quota 103 rappresenta l’unica misura effettivamente promossa dal governo Meloni, permettendo l’accesso alla pensione a 62 anni con almeno 41 anni di contributi. Questo sistema, però, rende l’uscita anticipata meno vantaggiosa poiché il calcolo dell’assegno pensionistico si basa solo sui contributi versati.
Il governo ha valutato di rendere più accessibile questa opzione introducendo una “Quota 41 per tutti”, cioè senza limiti di età, ma le risorse finanziarie non hanno consentito la realizzazione di tale progetto. Per molti, la Quota 103 risulta poco attrattiva per via dell’assegno pensionistico ridotto, limitando l’impatto di questa misura sulla platea dei lavoratori interessati.
Nonostante i tentativi, il governo non riesce a mantenere la promessa della cancellazione della legge Fornero. Per l’Europa, la riforma Fornero rappresenta un pilastro fondamentale per la sostenibilità del sistema pensionistico italiano, e le istituzioni europee suggeriscono di evitare misure di flessibilità eccessiva che riducano l’età pensionabile.
Proprio per rispondere a questa esigenza, il governo Meloni ha incluso nel Documento Programmatico di Bilancio 2025 misure volte a incentivare la permanenza lavorativa, come il Bonus Maroni per chi decide di restare in attività oltre l’età pensionabile e l’opzione per i dipendenti pubblici di rimanere fino a 70 anni, con un limite del 10% sulle nuove assunzioni.
Per il 2025, quindi, la legge Fornero rimane invariata. Solo per il 2027 si prevede una nuova valutazione dell’età pensionabile, da adeguare sulla base delle speranze di vita. La pandemia ha, infatti, rallentato l’incremento dell’aspettativa di vita, consentendo un temporaneo congelamento dell’età pensionabile.
Tuttavia, la stabilità della legge Fornero sembra destinata a durare, dato che rappresenta uno strumento cruciale per il controllo della spesa pubblica e la tenuta del sistema pensionistico nel lungo periodo.