Questa scelta politica, tuttavia, ha peggiorato di molto i requisiti della precedente forma previdenziale anticipata. Se da un lato sono stati confermati i requisiti di accesso (62 anni di età e 41 di contributi), dall’altro l’assegno verrà ricalcolato tutto con il metodo contributivo (anche per la parte di anzianità che fino a fine anno resta calcolata con il metodo retributivo).
A questo aspetto si aggiunge anche l’introduzione di un tetto massimo dell’assegno, fissato a circa 2.500 euro mensili. Il ricalcolo, dunque, comporterà un taglio dell’assegno rispetto a quanto era stato previsto da Mario Draghi. Inoltre, chi deciderà di optare per Quota 103 non potrà lavorare fino al raggiungimento dei 67 anni di età, ovvero non potrà cumulare redditi da lavoro con quelli da pensione.
Verranno modificate, infine, le “finestre mobili” utili per l’uscita anticipata, passando dagli attuali 3 mesi a 7 per i lavoratori privati, e dagli attuali 6 mesi a 9 per quelli pubblici.
Ape sociale e Opzione donna vengono confermate per il 2024, ma aumenta il requisito anagrafico. Finora Opzione donna ha previsto la possibilità di pensionamento anticipato per le lavoratrici con 35 anni di contributi e 57 anni di età (58 per le autonome). Dal 2024 potranno accedervi solo le lavoratrici con questi ulteriori requisiti:
Per quanto riguarda il requisito anagrafico, questo passa da 60 a 61 anni d’età, sempre con 35 anni di contribuzione, con la riduzione di un anno per ogni figlio nel limite massimo di due anni (a 61 anni e non più 60 senza figli; 60 anni anziché 59 con un figlio e 59 anni anziché 58, con due o più figli.
A questi requisiti si devono aggiungere anche quelli già presenti entro il 31/12/2023, ovvero: 1) il calcolo della pensione si effettuerà interamente con il metodo contributivo con una riduzione, a 61 anni di età, di circa il 18/20% applicando i coefficienti in vigore nel 2023; 2) le finestre mobili saranno di 12 mesi per le dipendenti pubbliche e 18 mesi per le lavoratrici autonome.
Per quanto riguarda la misura dell’Ape Sociale, questa verrà prorogata di un altro anno (31 dicembre 2024). Tuttavia, questa novità impone un peggioramento del requisito anagrafico: invece gli attuali 63 anni, sarà possibile accedere alla prestazione con 63 anni e cinque mesi.
La Manovra 2024 approvata dal governo Meloni decide di “punire” chi dovesse lasciare il lavoro in anticipo, in particolare questa misura riguarda i dipendenti pubblici, come i medici, gli insegnanti e i dipendenti degli uffici giudiziari.
Per questi profili professionali, infatti, scatterà il taglio dell’assegno pensionistico, ridotto “in misura pari a un trentaseiesimo per ogni mese di posticipo dell’accesso al pensionamento rispetto alla prima decorrenza utile per gli iscritti alla cassa per la pensione dei sanitari e per quelli alla cassa per le pensioni dei dipendenti degli enti locali che cessano l’ultimo rapporto di lavoro da infermieri”.
Tutto questo – si legge nel dispositivo normativo – per assicurare “un efficace assolvimento dei compiti primari di tutela della salute e di garantire l’erogazione dei livelli assistenziali di assistenza”. Ciò nonostante, per i medici e gli infermieri la decurtazione sarà più soft e diminuirà man mano che si ritarderà l’anticipo del pensionamento.
Anche per l’anno che sta per arrivare le pensioni saranno rivalutate tenendo in debito conto dell’inflazione, adeguando gli assegni di quiescenza al costo della vita. Per il 2024 l’aumento previsto è pari al 5,4%, ma questa aliquota verrà applicata allo stesso modo per tutti i lavoratori.
Secondo le nuove regole l’indicizzazione sarà piena solo per gli assegni che a dicembre 2023 non superano i 2.272 euro lordi mensili (quattro volte il trattamento minimo Inps, pari a 567,94 euro). Per tutti gli altri assegni la percentuale scenderà gradualmente, secondo questa sequenza: