Lavorare nella scuola italiana non paga, almeno dal punto di vista economico. I dati confermano una situazione di modesta remunerazione, a dispetto dell’importante ruolo che i professionisti dell’istruzione ricoprono nella formazione dei giovani fino alla maturità. I dati del JP Salary Outlook dell’Osservatorio JobPricing sui Paesi Ocse, diffusi a metà agosto, mostrano un divario significativo tra i laureati italiani, che in media guadagnano 65.000 euro l’anno, e il personale scolastico che, invece, percepisce in media appena 29.000 euro annui.
Quest’ultima cifra posiziona i lavoratori della scuola tra i meno pagati in Italia, con pochi avanzamenti di carriera e un blocco sostanziale nei livelli retributivi. A rafforzare il quadro ci ha pensato l’Inps, che nel Rendiconto Civ 2023 ha evidenziato il livello particolarmente basso degli stipendi della scuola rispetto ad altri settori del pubblico impiego.
Il report Inps: stipendi giornalieri medi tra i più bassi nel pubblico impiego
L’Inps, nel rendiconto ufficiale presentato il 30 ottobre 2023, ha evidenziato che i dipendenti pubblici meno pagati in Italia sono proprio quelli della scuola. Nel dettaglio, prima dell’ultimo rinnovo contrattuale – il CCNL 2019/21, entrato in vigore a gennaio 2024 – i dipendenti scolastici percepivano un guadagno medio giornaliero lordo di soli 96,4 euro per le donne e 97,1 euro per gli uomini.
Questi numeri sottolineano una disparità economica notevole rispetto a colleghi di altri settori pubblici, e la differenza diventa ancora più evidente quando si considera il confronto internazionale. Il divario non riguarda soltanto gli stipendi annuali complessivi, ma si riflette anche nelle opportunità di crescita professionale: mentre in altri ambiti pubblici si prospettano più facilmente avanzamenti, i docenti e il personale scolastico restano bloccati su livelli fissi per anni.
La condizione salariale nella scuola diventa quindi un punto cruciale per il benessere dei lavoratori e, di conseguenza, per l’efficienza del sistema educativo.
Scarsa retribuzione e difficoltà di carriera: una realtà che pesa sull’istruzione
L’Osservatorio JobPricing ha sottolineato come, a fronte di un salario medio di 65.000 euro per laureati in altri settori, chi sceglie la carriera scolastica debba accontentarsi di compensi medi inferiori a 30.000 euro annui. Questo gap retributivo si ripercuote direttamente sulla motivazione e sulla qualità del lavoro nel settore dell’istruzione. Il ruolo degli insegnanti risulta infatti fondamentale per la crescita delle nuove generazioni, ma le prospettive economiche e professionali poco stimolanti scoraggiano sempre più spesso i migliori talenti dal considerare una carriera scolastica.
Di fatto, i docenti italiani guadagnano meno della metà rispetto ai loro omologhi in altri settori, restando quasi sempre relegati agli stessi ruoli e livelli salariali per molti anni. Questi aspetti mettono in luce una problematica strutturale che rischia di compromettere il sistema educativo a lungo termine, in quanto una retribuzione non adeguata alla responsabilità del ruolo può influenzare negativamente l’impegno e la qualità dell’insegnamento.
Riforme contrattuali e prospettive future per il personale scolastico
Il rinnovo contrattuale CCNL 2019/21, attivato a inizio 2024, ha introdotto alcuni miglioramenti, ma restano molte incertezze su come verrà garantita una retribuzione più equa per chi opera nella scuola. L’aumento salariale previsto dall’ultimo contratto rappresenta solo un primo passo e non è sufficiente per colmare il divario tra i lavoratori scolastici e i colleghi degli altri settori.
La questione degli stipendi nella scuola, con una media di appena 29.000 euro annui, richiede quindi una revisione profonda e strutturale, con l’obiettivo di valorizzare economicamente e socialmente il ruolo di insegnanti e operatori scolastici.
Senza adeguati interventi, il settore dell’istruzione potrebbe continuare a perdere attrattiva, rischiando di influire negativamente sulla qualità dell’insegnamento e sulla preparazione delle nuove generazioni.
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