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Ispezioni anti-Gender all’Università di Roma Tre e Sassari: 121 docenti contro la ministra Bernini

Le polemiche dopo la decisione della ministra dell’Università, Anna Maria Bernini, di autorizzare ispezioni anti-Gender presso gli atenei di Roma Tre e Sassari.

Anna Maria Bernini

L’autonomia accademica, uno dei principi fondanti dell’università italiana, è al centro di un acceso dibattito dopo la decisione della ministra dell’Università e della Ricerca, Anna Maria Bernini, di autorizzare ispezioni anti-Gender presso gli atenei di Roma Tre e Sassari. L’iniziativa, nata su richiesta del deputato leghista Rossano Sasso, ha suscitato la protesta di 121 docenti universitari, che vedono in questa scelta una violazione dell’indipendenza accademica.

Le ispezioni anti-Gender e le controversie sull’autonomia universitaria

Le ispezioni richieste si basano su accuse legate a presunti contenuti “propagandistici” nei corsi universitari che trattano temi di genere e identità sessuale. A Roma Tre, sotto attacco è finito il Laboratorio Gender Creative, un progetto che coinvolgeva bambini e adolescenti con dubbi sulla propria identità di genere. All’Università di Sassari, nel mirino è il corso “Teoria queer e di genere”, tenuto dal filosofo Federico Zappino.

Secondo il deputato Sasso, questi corsi rappresentano un “indottrinamento ideologico” e promuovono teorie considerate radicali. In particolare, Sasso ha criticato testi come Comunismo queer di Zappino e Elementi di critica omosessuale di Mario Mieli, accusando quest’ultimo di contenere passaggi problematici. La ministra Bernini ha giustificato le ispezioni sostenendo che la libertà accademica deve bilanciarsi con la tutela della dignità e dello sviluppo psicofisico dei minori.

Dura opposizione della comunità accademica contro le ispezioni anti-Gender

La decisione ha incontrato una dura opposizione. Massimo Arcangeli, docente di Linguistica all’Università di Cagliari, ha definito le ispezioni un “attacco senza precedenti” all’autonomia universitaria, richiamando l’articolo 33 della Costituzione e l’articolo 6 della Legge 9 maggio 1989, che garantiscono la libertà di insegnamento e ricerca. Secondo Arcangeli, includere testi controversi in una bibliografia non implica l’adesione ai messaggi in essi contenuti, ma piuttosto offre l’opportunità di discutere criticamente tali contenuti.

Anche l’onorevole Gilda Sportiello (Movimento 5 Stelle) ha presentato un’interrogazione parlamentare contro quella che definisce un’ingerenza ministeriale, evidenziando il rischio di strumentalizzazione politica dell’istruzione universitaria.

La posizione del Ministero

Il ministero ha cercato di placare le polemiche affermando che, nella risposta all’interrogazione di Sasso, non è stata menzionata esplicitamente l’autorizzazione a ispezioni. Tuttavia, le dichiarazioni della ministra Bernini sull’equilibrio tra libertà accademica e altri valori costituzionali lasciano aperta la possibilità di interventi futuri.

Le implicazioni per l’Università Italiana

La vicenda solleva interrogativi cruciali sul futuro dell’autonomia accademica in Italia. L’università, da sempre un luogo di confronto e dibattito, rischia di vedere ridotta la propria libertà decisionale e scientifica. Includere testi complessi e controversi nei programmi di studio è parte integrante della missione accademica, che mira a formare studenti critici e consapevoli.

In un clima di crescente polarizzazione politica, il caso delle ispezioni anti-gender rappresenta un banco di prova per i principi fondamentali dell’università italiana. Il dibattito continuerà a svilupparsi nei prossimi mesi, determinando non solo il destino di questi specifici corsi, ma anche il grado di autonomia che l’università italiana potrà mantenere nel futuro.

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