Diventare insegnante di sostegno è sempre più un percorso complesso, fatto di requisiti mutevoli, spese elevate e precarietà. Dopo la laurea magistrale, molti aspiranti docenti scoprono di dover conseguire ulteriori titoli, come il TFA Sostegno o certificazioni linguistiche, per accedere alla specializzazione. Le difficoltà non finiscono qui: tra concorsi, trasferimenti e incarichi a termine, la stabilità lavorativa sembra un traguardo lontano.
Il labirinto della formazione: tra costi e nuovi requisiti
Molti aspiranti insegnanti di sostegno investono migliaia di euro nella formazione, tra master, corsi per accumulare CFU e specializzazioni. Il TFA Sostegno rappresenta un traguardo ambito, ma non tutti riescono ad accedervi a causa dei posti limitati e dei costi elevati. Inoltre, le discrepanze tra TFA italiano ed europeo creano ulteriori incertezze, con docenti che vedono il proprio titolo non sempre riconosciuto.
“Ho superato il test di accesso al TFA, ma il costo è proibitivo”, racconta una docente. “Eppure, il nostro ruolo è essenziale per l’inclusione scolastica”. Intanto, chi non ha ancora ottenuto la specializzazione, ma lavora da anni nel sostegno, teme di essere penalizzato dalle nuove normative, che non sempre valorizzano l’esperienza sul campo.
Precariato e sacrifici: “lavoro su sostegno da anni, ma il ruolo è un miraggio”
La precarietà è una realtà comune per molti insegnanti di sostegno. Alcuni trovano incarichi annuali grazie alle graduatorie, mentre altri, pur vincendo il concorso, sono costretti a trasferirsi lontano da casa. “Sono tre anni che lavoro al Nord, lontana dalla mia famiglia. Guadagno meno e mi sento sempre più sola”, confida un’insegnante. Per altri, la situazione è ancora più incerta: “Ogni anno attendo fino all’ultimo per sapere se avrò una cattedra”.
A pesare su chi lavora nel sostegno è anche la mancanza di un riconoscimento chiaro dell’esperienza maturata. I docenti con anni di servizio temono di essere superati da chi ha appena ottenuto la specializzazione, ma non ha ancora avuto esperienza diretta con gli studenti con disabilità. “Non ho il TFA, ma ho seguito decine di alunni con bisogni educativi speciali. Perché il mio lavoro vale meno di un pezzo di carta?”, si chiede un docente con esperienza pluriennale.
Contraddizioni e paradossi: “l’esperienza sul campo dovrebbe contare di più”
Il sistema di reclutamento e formazione degli insegnanti di sostegno è spesso contraddittorio. Mentre alcuni faticano per ottenere la specializzazione, altri riescono a ottenere certificazioni con corsi online di dubbia qualità. “Conosco colleghi che hanno preso la certificazione di inglese in pochi giorni, mentre io ho studiato per mesi”, racconta un’insegnante.
L’inclusione scolastica è un obiettivo fondamentale, ma senza un riconoscimento equo delle competenze – che siano acquisite attraverso titoli formali o esperienza diretta – il rischio è di penalizzare gli studenti stessi. Eppure, tra ostacoli burocratici e percorsi incerti, la passione per questo lavoro resta il motore di molti docenti. “Nonostante tutto, non rinuncerei mai a questo lavoro. Perché alla fine, ciò che conta davvero è fare la differenza nella vita degli studenti”.
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