Nonostante l’Italia abbia raggiunto traguardi record nel numero di insegnanti di sostegno (IdS), il sistema educativo nazionale mostra ancora notevoli limiti. A un incremento delle risorse umane non corrisponde un miglioramento della qualità del servizio offerto, come sottolineato dall’economista Carlo Cottarelli. Secondo lui, la domanda che ci si deve porre non è tanto se il sistema sia inclusivo, ma se la sua efficienza possa essere messa in discussione.
L’insegnante di sostegno: una figura fondamentale, ma sotto pressione
Il ruolo dell’insegnante di sostegno è cruciale per garantire l’inclusione degli studenti con disabilità nelle scuole ordinarie. Tuttavia, il sistema italiano sembra non essere in grado di rispondere appieno agli obiettivi della legge 104/1992, che promuove lo sviluppo delle potenzialità degli studenti con disabilità. I numeri parlano chiaro: se da un lato gli IdS sono aumentati, dall’altro molti di loro sono precari e privi di una formazione adeguata.
Numeri e squilibri territoriali degli insegnanti di sostegno
Nel 2022-2023, il numero degli insegnanti di sostegno ha raggiunto quota 217.796, un incremento del 163% rispetto al 2003-2004. Tuttavia, questo aumento non ha portato a un miglioramento nella qualità dell’inclusione. Circa il 59% degli IdS è precario e il 30% non ha una formazione specifica. Inoltre, le disparità territoriali rimangono un problema: al Sud, ad esempio, la figura dell’insegnante di sostegno è più diffusa, ma spesso meno qualificata rispetto al Nord, dove molti IdS sono privi di specializzazione.
L’origine dei problemi: formazione e precariato
Il sistema di formazione degli insegnanti di sostegno presenta gravi carenze. Per diventare IdS, è necessario un lungo percorso di studi che include una laurea magistrale e il Tirocinio formativo attivo (Tfa), ma l’accesso a questi corsi è limitato e disomogeneo. La maggior parte dei posti disponibili si concentra al Sud, con una riduzione delle opportunità al Nord. Inoltre, il 59% degli IdS è a tempo determinato, con punte che arrivano al 70% al Nord, creando instabilità nel sistema educativo e riducendo la continuità didattica per gli studenti.
L’Italia a confronto con l’Europa sugli insegnanti di sostegno
Sebbene l’Italia sia tra i pochi paesi europei a garantire una quasi totale inclusione degli studenti con disabilità nelle classi ordinarie, i risultati non sono sempre soddisfacenti. Il 29,5% delle persone con disabilità tra i 18 e i 24 anni non ha conseguito nemmeno il diploma di scuola secondaria di primo grado, un dato che evidenzia le difficoltà nell’accesso a una formazione di qualità.
Proposte di riforma: verso un sistema più inclusivo
Per migliorare la situazione, diverse riforme sono state proposte. Una delle più promettenti è quella della “cattedra inclusiva”, che punta a una collaborazione stretta tra insegnante di sostegno e docente curricolare, per ridurre la dipendenza da figure specializzate e promuovere un’integrazione più efficace. Un altro passo importante sarebbe la stabilizzazione del personale precario e l’ampliamento dei corsi di specializzazione, oggi insufficienti e troppo costosi. Infine, si suggerisce una revisione delle modalità di assegnazione degli IdS, per garantire una distribuzione più equa tra le diverse regioni. L’obiettivo non è solo aumentare il numero degli IdS, ma anche garantire che siano adeguatamente formati e stabilizzati, per rendere il sistema scolastico italiano realmente inclusivo e all’altezza delle sfide contemporanee.
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