Dei 747.672 giovani persi in Italia, ben 730.756 provengono dal Sud e 119.157 dal Centro. Il Nord, invece, ha registrato un saldo positivo: il Nordest ha guadagnato 46.821 giovani, il Nordovest 55.420. Solo 26 delle 107 province italiane hanno visto un aumento della popolazione giovanile, con Bologna (+11,5%), Milano (+10,1%), Trieste (+9,8%) e Gorizia (+9,7%) in testa.
Il calo numerico si accompagna a problemi strutturali: basso tasso di occupazione giovanile, livelli di istruzione inferiori alla media europea e un preoccupante tasso di abbandono scolastico, più marcato nel Sud. Secondo la Cgia di Mestre, il disallineamento tra domanda e offerta di lavoro è sempre più evidente e servono investimenti urgenti in scuola, università e formazione professionale.
Il confronto tra le nascite del 1943 e quelle del 2023 evidenzia la portata della crisi demografica. Durante la Seconda Guerra Mondiale, in Italia nacquero 882.105 bambini, più del doppio rispetto ai soli 380mila del 2023. La Cgia sottolinea che la denatalità non dipende solo da servizi carenti e aiuti pubblici insufficienti, poiché ottant’anni fa le condizioni di vita erano ben peggiori, eppure le nascite erano sensibilmente più alte.