I due importanti esponenti di governo, infatti, hanno annunciato che la Commissione Europea ha dato il via libera all’eliminazione dall’Accordo di Partenariato 2014-2020 contenente “l’esclusione delle scuole paritarie dal novero dei possibili destinatari dei fondi strutturali europei”.
L’assenso di Bruxelles era imprescindibile affinché si attuasse la disposizione contenuta nella legge di Bilancio per il 2017. In particolare, l’articolo 1 comma 313 prevede che: «tutte le istituzioni scolastiche che costituiscono il sistema nazionale di istruzione», sia le scuole statali che le paritarie, possano partecipare al PON, il programma operativo nazionale per il miglioramento delle competenze e degli ambienti di apprendimento, finanziati giusto appunto dai Fondi Strutturali Europei.
I fondi europei dovrebbero essere complessivamente pari a tre miliardi di euro. In particolare 2,2 miliardi circa sono stanziati attraverso il Fondo Sociale Europeo (FSE) e destinati al potenziamento ed alla formazione degli alunni, dei docenti e degli adulti. Ulteriori 800 milioni sono messi a disposizione dal Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR) e finalizzati all’implementazione e al miglioramento delle attrezzature tecnologiche all’interno delle scuole: per la realizzazione di laboratori, per la fornitura delle attrezzature digitali e per eventuali interventi all’edilizia scolastica.
La reazione dei sindacati non si è fatta attendere. L’intervento più deciso è stato prontamente quello di Pino Turi, Segretario generale della Uil Scuola il quale dichiara: «Le scuole paritarie sono come un taxi, svolgono un servizio pubblico ma perseguono utilità private, economiche». E su questo, Turi non dice affatto corbellerie. Poi prosegue: «I fondi Pon dovrebbero servire per risolvere squilibri territoriali, strutturali, sociali, dovrebbero avere finalità generali. Assegnarli alle scuole paritarie significa sostenere scuole di tendenza, scuole che non perseguono la realizzazione di un bene collettivo. Continueremo, insieme ai sindacati europei dell’educazione, ad opporci a questo sistema surrettizio di finanziamento delle scuole paritarie». Insomma, il dissenso è massimo e anche motivato.
Infine, conclude: «Il governo farebbe meglio a pensare alle sue scuole e non a quelle degli altri. Ogni euro sottratto alle scuole statali è un modo per renderle più deboli. Ci auguriamo che questa non sia una strategia che, per dare qualche sussidio, finisca per aprire la strada sciagurata alla privatizzazione e al mercato».