Secondo le agenzie di stampa che hanno riportato quest’oggi la notizia, il regolamento prevede anche che “per gli insegnanti di ruolo di ogni ordine e grado del sistema scolastico statale, al superamento del percorso formativo triennale e solo in caso di valutazione individuale positiva è previsto un elemento retributivo una tantum di carattere accessorio, stabilito dalla contrattazione collettiva nazionale, non inferiore al 10% e non superiore al 20% del trattamento stipendiale in godimento”.
Bisogna precisare però che questo punto non rientra tra le misure previste nel provvedimento che approderà domani in Consiglio dei Ministri. Invece, la misura è legata più che altro alla riforma del reclutamento e della formazione degli insegnati, approvata di recente. In particolare, l’articolo 16 ter prevede proprio il piano che dovrebbe servire da fondamenta al DL Aiuti bis.
Secondo le prime indiscrezioni, dunque, si prevede un taglio cospicuo dei contributi nel decreto in discussione, apportando di fatto una leggera lievitazione delle somme degli emolumenti.
La famosa decontribuzione porterebbe ad un aumento medio pari all’1% dei redditi fino a 35 mila euro; questa misura dovrebbe essere valida fino e non oltre al 31 dicembre 2022. L’aumento in busta paga, attraverso queste modalità era stato richiesto a gran voce, nei mesi scorsi, dalle sigle sindacali scuola come la Cgil, la Cisl e la Uil.
Facendo un’analisi più attenta dal punto di vista economico fiscale, si constata che tutti i lavoratori (sia pubblici che privati) si troveranno in busta paga una somma maggiorata del proprio emolumento, somma che, nella forma ordinaria, dovrebbe invece andare a rimpinguare le casse dello Stato, sotto forma di quota parte del sistema contributivo pensionistico. Il lavoratore, tuttavia, continuerà a maturare la stessa pensione, senza per questo subire nessuna penalizzazione.