Nonostante continuino a giungere notizie circa le numerose manifestazioni di protesta dei DM, soprattutto nelle città del nord Italia, una recente sentenza dello stesso Consiglio di Stato contraddice quella emanata più di un mese fa dallo stesso organo ausiliario del governo, riunito in seduta plenaria. Molta confusione regna tra i Diplomati magistrale e i sindacati. Tuttavia la nuova sentenza apre uno spiraglio per quanto concerne la conclusione positiva di questa vicenda per gli insegnanti in questione.
Diplomati magistrale: le due facce dello stesso Consiglio di Stato annullano tutto
La sentenza del 20 dicembre scorso, la n.11/2017, aveva decretato in maniera definitiva l’esclusione dalle GAE degli insegnanti in possesso del diploma magistrale ante 2001/02. In molti, pur nel malcontento, avevano accettato tale decisione. Durante questo periodo però una nuova sentenza emanata dallo stesso CdS azzerava la precedente decisione con lo stupore e le perplessità degli addetti ai lavori.
La nuova sentenza, emessa dalla VI Sezione del CdS lo scorso 16 gennaio percorre un tragitto diametralmente opposto a quello intrapreso dello stesso organo di rilievo costituzionale circa un mese fa. Insomma, come se ci trovassimo davanti al “gioco dell’oca”, le due sentenze si azzerano vicendevolmente.
Certamente la questione è proprio strana oltre che paradossale. Da un lato il CdS in seduta plenaria sentenzia contro questi lavoratori della scuola, decretando un loro arretramento professionale; dall’altro dopo un mese da questa clamorosa pronuncia un’ulteriore sentenza emessa dello stesso Organo riabilita di colpo i lavoratori, i quali (e qui sta l’inghippo) possiedono le medesime caratteristiche professionali dei primi. In un Paese normale e nel pieno stato di diritto tali contraddizioni costituzionali non sarebbero affatto compendiate.
Per l’esercito degli oltre 43.000 diplomati magistrale si riapre uno spiraglio di salvezza?
L’anomalia, infatti, risiede proprio nella dissonante situazione venutasi a creare immediatamente dopo l’autorevole sentenza. Quella decisione che aveva gettato nello sconforto oltre 40mila insegnanti della scuola dell’infanzia e primaria. L’ultima sentenza invece ha, di fatto, ignorato la precedente ed ha autorizzato (come nei casi precedenti) alcune nuove iscrizioni nelle GaE di insegnanti con parecchi anni di anzianità di servizio.
Questa contraddittoria situazione ha palesemente disorientato un po’ tutti, il Miur, l’esercito di insegnanti (oltre 43.000) coinvolti e persino lo stesso Anief, il quale rappresenta più di tutti il primo sindacato, in termini numerici, ad aver promosso e vinto in precedenza migliaia di ricorsi in tutta Italia su questa tematica.
La nuova sentenza, quindi, ha finito per rinvigorire la sensazione di iniquità in cui sono sprofondati decine di migliaia di insegnanti. Quello che si prospetta all’orizzonte pare essere ormai chiaro: flash mob, cortei, presidi e azioni di protesta in molte città italiane, in attesa delle indicazioni applicative relativamente alla sentenza n. 11/2017 che l’Avvocatura dello Stato dovrebbe emanare entro il mese di marzo, oltre alle successive scelte politiche scaturenti da tale parere.
Le due sentenze del CdS (diametralmente opposte) rischiano di minare la credibilità dello stesso organo di rilievo costituzionale
Quello che scaturisce da questa anomala vicenda rappresenta sicuramente un fatto gravissimo nell’ambito dello stato di diritto. Le scelte schizofreniche di questo organo di ausilio al governo rischiano di incidere pesantemente sull’immagine istituzionale e sulla credibilità dello stesso organo della Repubblica Italiana.
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