Con questa modifica normativa, i lavoratori rischiano di subire conseguenze pesanti. Un lavoratore che, per esempio, non riceve lo stipendio o lavora in un ambiente pericoloso potrebbe essere costretto ad allontanarsi, e dopo 15 giorni si ritroverebbe considerato dimissionario senza alcuna tutela.
Mancuso, giuslavorista, evidenzia come prima delle riforma Fornero e Jobs Act, il lavoratore doveva dimostrare che il licenziamento era avvenuto oralmente, un compito spesso impossibile. Ora, con la nuova legge, l’onere della prova ricade nuovamente sul dipendente, che dovrà dimostrare di non aver potuto comunicare le motivazioni della sua assenza.
Le opposizioni hanno cercato di ridurre i danni, riuscendo solo a estendere il periodo di assenza ingiustificata da 5 a 15 giorni. Tuttavia, la legge lascia ancora troppo potere al datore di lavoro. L’Ispettorato nazionale del lavoro può, ma non deve, verificare la veridicità della comunicazione del datore, una mancanza di garanzie che potrebbe aggravare la situazione per i lavoratori.
Il giuslavorista Bartolo Mancuso denuncia che questa legge scardina un principio costituzionale fondamentale, ovvero la tutela del lavoratore come parte debole nel rapporto di lavoro.
La nuova norma sui licenziamenti mascherati da dimissioni rappresenta un serio attacco alle tutele dei lavoratori, favorendo i datori di lavoro e minando un principio fondamentale sancito dalla Costituzione italiana. Il lavoro e i lavoratori vengono menzionati 28 volte nella Carta costituzionale, a dimostrazione della loro centralità.
Con questa riforma, il governo sembra invece volere proteggere le imprese, a scapito dei dipendenti, trasformando un licenziamento in dimissioni senza alcuna reale volontà espressa.