Dopo la condanna, il Ministero dell’Istruzione ha avviato un procedimento disciplinare che ha portato al licenziamento senza preavviso della docente. La legittimità del licenziamento è stata confermata dal Tribunale, in quanto l’uso di violenza fisica nei confronti di minori rientra tra le condotte minacciose che giustificano tale misura.
La Corte d’Appello ha poi ritenuto sproporzionato il licenziamento, sostituendolo con una sospensione dal servizio per tre mesi senza retribuzione. La docente ha quindi diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro e a un’indennità commisurata all’ultima retribuzione.
Il Ministero dell’Istruzione ha contestato la decisione della Corte d’Appello, rivolgendo un’impugnazione alla Corte di Cassazione, che ha riconosciuto la gravità dei comportamenti della docente.
La Corte ha annullato la sentenza d’appello e rinviato la causa per una nuova valutazione, sottolineando che i comportamenti aggressivi e minacciosi verso minori non possono essere considerati un metodo educativo.