In relazione a questo obiettivo, qualora venisse perseguito, rappresenterebbe una “ svolta” per migliaia e migliaia di alunni costretti, ogni anno, a perdere la continuità del docente specializzato sul sostegno assegnato l’anno scolastico precedente.
Sappiamo quanto è importante la continuità del docente specializzato per gli alunni con disabilità. Esiste, da sempre, il diritto preminente e superiore degli alunni, non solo ad avere un docente specializzato al proprio fianco, perché ciò è previsto in primo luogo dalla legge 104/1992, ma anche ad averlo con continuità.
La continuità nel nostro caso si fermerà al massimo ad un triennio, di più non poteva farsi, ma già questo lasso temporale porterà sollievo e risultati per migliaia di alunni.
Non risolverà la questione della carenza cronica dei docenti di sostegno, ma almeno pone un punto fermo nei confronti di tutti coloro che il docente specializzato lo hanno.
Pertanto, se la norma va in porto, (gli ostacoli è bene dire non mancano), il Ministro ha fatto la cosa giusta, ne va dato atto.
Ma dal comunicato che abbiamo letto, pare che si applicherebbe anche AI DOCENTI NON SPECIALIZZATI, non solo quelli che da almeno un triennio hanno ricoperto il posto sul sostegno, ma anche quelle che lo ricopriranno ex novo.
Anche per loro, previo consenso della famiglia, (pare di capire), e del Dirigente scolastico, se “la famiglia lo vuole” può chiedere che il docente, senza alcuna specializzazione, cioè privo della benchè minima competenza e merito, possa rimanere confermato sull’alunno/a, fino al massimo di un triennio.
Così come abbiamo applaudito il Ministro per la prima decisione, allo stesso modo esprimiamo la nostra contrarietà ad un’ipotesi di tale genere, per plurime ragioni.
La prima, attiene alla nostra storia: questa Federazione, sin dalla sua nascita, ha sempre condotto battaglie memorabili in favore dei docenti di sostegno specializzati e degli assistenti all’autonomia e comunicazione. Abbiamo sempre ritenuto che, senza di loro, ognuno in virtù della propria competenza, l’inclusione non sarebbe neppure ipotizzabile.
Detto ciò, non possiamo accettare, neppure come principio, che sugli alunni con bisogni speciali e complessi, possano arrivare, non i migliori e più preparati, ma “i non specializzati”.
Conosciamo l’obiezione: tanto arrivano lo stesso ogni anno sempre più, atteso che l’ Istat ha rilevato che sono circa 70 mila i docenti non specializzati che vanno a coprire posti sul sostegno.
Dunque la norma, si limiterebbe a prendere atto di un fenomeno inarrestabile e fornire alle famiglie una sorta di “scappatoia”, quella di decidere la sorte di quel docente.
A chi si limita solo al realismo, drammatico, per cui nel nostro Paese dovremmo arrenderci a tale deriva, rispondiamo che prima di arrenderci, almeno si venda cara la pelle, nel senso che non sta scritto da nessuna parte che circa 70 mila alunni dovranno avere quell’unico destino.
Questa Federazione, chiede, ad esempio, da tempo, la costituzione di un gruppo di studio permanente, costituito da esperti della scuola, al fine di mettere in campo azioni e politiche, anche di programmazione, per ridurre e contenere quel gap, e portarlo a livelli fisiologici e non patologici come oggi.
Iniziative a breve, medio e lungo periodo possono trovarsi.
Ecco, alcune proposte che possono essere attuate.
In primo luogo, sappiamo che solo in alcune zone del nostro territorio non vi sono docenti di sostegno a sufficienza per coprire l’intero fabbisogno e sono collocate tutte nelle aree del nord e del centro.
Perché abbiamo questa carenza?
Le ragioni sono sostanzialmente due: 1) Per un verso le Università non riescono a fornire un numero di docenti di sostegno adeguati, rispetto alle scoperture di posti attuali; 2) Abbiamo uno squilibrio notevolissimo di aspiranti docenti specializzati tra le aree del Sud, (dove ne abbiamo in abbondanza), e alcune aree del centro – Nord (dove scarseggiano)
Questo sopra citato è il cuore vero del problema.
Allora bisognerebbe fare delle cose.
Bisogna incentivare le Università dei territori dove mancano i docenti, a formare un numero progressivo adeguato di docenti di sostegno ogni anno sempre maggiore, al fine di consentire una presenza territoriale adeguata di docenti specializzati.
Da solo il detto rimedio, tuttavia, non basta, bisogna prendere atto che nei territori sopra indicati le persone non sono attratte dall’insegnamento, mentre ne abbiamo un numero in abbondanza al SUD.
Ora i docenti precari specializzati sul sostegno non si trasferiscono in altri territori per due motivi:
1) Per la rigidità delle GPS, che vincola un aspirante ad iscriversi solo su una graduatoria provinciale. Questo fa sì che, gioco forza, ogni aspirante miri in primo luogo ad ottenere una cattedra nella Provincia o nella Regione in cui vive ( le ragioni sono ovvie e comprensibili);
2) Non trovano conveniente lavorare in zone territoriali molto distanti dal luogo in cui si vive (le ragioni anche qui sono ovvie, tutte legate al fabbisogno economico familiare).
Ora, quanto al primo aspetto, una cosa che si potrebbe proporre è quella di creare un sistema più dinamico, che superi le rigidità attuali, predisponendo graduatorie nazionali sul sostegno; oppure pluriregionali, cioè dando la possibilità agli aspiranti di potersi iscrivere su più graduatorie. In tal modo, è molto probabile che l’aspirante, oltre alla graduatoria provinciale più vicina, si iscriva anche in una più lontana.
La detta situazione porrebbe l’aspirante nella possibilità di scegliere se rimanere senza cattedra, oppure lavorare per un anno intero in quei territori dove appunto mancano i docenti.
In assenza di tale possibilità, appare ovvio prevedere che l’aspirante, chiamato a fare una sola scelta di graduatoria, si indirizzi naturalmente su quella della zona in cui vive e non sceglierà di iscriversi in una zona del Nord. Solo un modesto numero di aspiranti si iscriveranno in una GPS lontana da casa, come prima ed unica scelta, se non superiamo la detta rigidità.
Al detto rimedio, se ne può aggiungere un altro, legato alla possibilità che in virtù del principio di diritto previsto dalla legge 104/1992“ prima la specializzazione sul sostegno”, si operi una deroga alle disposizioni sulle classi di concorso e si consenta ai docenti specializzati su uno specifico grado di scuola di poter formulare la domanda su posti di sostegno in altri gradi di scuola, (affini), della stessa provincia, qualora in quel grado non via siano più docenti specializzati, prima di nominare docenti non specializzati
Tale circostanza si è già verificata in alcuni territori, dove vi sono graduatorie di primo grado, dove i docenti specializzati vengono assorbiti tutti e graduatorie, magari del grado superiore, sovrabbondanti ove i docenti marciscono nelle stesse.
Si tratta di un’autentica assurdità del sistema che fa prevalere, sempre e comunque, la classe di concorso, che legittima all’insegnamento in quel grado di scuola, rispetto alla specializzazione del sostegno.
Un assurdità che può avere una logica per la copertura dei posti comuni, ma che perviene a risultati paradossali ed incredibili quando si parla di aspiranti docenti specializzati!
Veniamo all’ultimo intervento più consistente.
In qualsiasi parte del mondo, ove vi è carenza di personale in un territorio e abbondanza in un altro, l’unico rimedio effettivo ed efficace per convincere le persone a spostarsi, è quello “degli incentivi economici”.
I docenti di sostegno specializzati nel Sud, che sono in abbondanza, non si spostano, sia per le ragioni di rigidità del sistema, ma, anche e soprattutto, perché hanno bisogno di poter vivere adeguatamente e sostenere le spese per recarsi in un’altra zona lontana dal proprio luogo di vita.
Non esistono, a nostro modo di vedere, possibilità diverse per convincere gli aspiranti docenti precari del Sud a trasferirsi al Nord.
Servono incentivi economici, sostegni al reddito, (come avviene ovunque e in qualsiasi ambito lavorativo), per far sì che un docente possa reggere il costo, ad esempio, di un affitto di un immobile.
La detta soluzione comporta ovviamente impegni di spesa notevoli, (ma pur sempre minori rispetto alla conversione dei contratti in organico di diritto, soluzione ottimale sempre auspicata ed auspicabile e mai ottenuta); gli incentivi possono essere disciplinati all’interno del CCNL e nell’ ambito della contrattazione integrativa, in quella sede possono essere modulati nelle forme più varie.
Ma ciò che conta è che l’incentivo economico sia adeguato!
Questa scelta va prevista anche per i docenti specializzati in organico di diritto, ma in assegnazione provvisoria, i quali determinano anche loro una discontinuità didattica, dovendo, anno per anno, ripresentare la domanda di assegnazione provvisoria. Sappiamo che tale soluzione non pregiudica i precari specializzati, in quanto i posti destinati alle a.p. devono essere accantonati prima e su quei posti non è possibile altra assegnazione.
Infine, vi è un aspetto a cui bisogna stare attenti, e cioè al modo in cui si tenta di realizzarla. Non vorremmo che si confonda “ il diritto degli alunni alla continuità didattica”, con “la modalità di formazione del contratto di lavoro” attraverso il quale quel diritto deve essere garantito.
Sono due aspetti delicati che operano su due versanti diversi:
1) Il primo opera a monte, sul versante del diritto sostanziale, quale è il diritto degli alunni con disabilità ad avere garantito non solo un docente di sostegno specializzato, ma di averlo per tutto o parte del ciclo scolastico, e ciò rappresenta, a nostro parere, un diritto superiore e preminente; 2) Altro diverso aspetto, è il modo in cui, dal punto di vista giuslavoristico, quel diritto deve essere realizzato.
Ora, a nostro modo di vedere, mentre non facciamo fatica a intravedere nelle norme nazionali e internazionali il primo diritto, che per essere tale deve potersi concretizzare ipso iure, cioè deve essere garantita per il semplice fatto di essere assegnati ad un alunno con disabilità, purchè si sia specializzati sul sostegno e nei limiti temporali di cui la norma futura prevede.
Per contro, facciamo fatica a capire in che modo e attraverso quale appiglio giuridico nel processo di formazione del contratto di lavoro possano essere inseriti, quali elementi persino dirimenti e condizionanti: il consenso della famiglia e del dirigente!
Qui, temiamo, si stiano confondendo i due profili: quello del diritto sostanziale; con quello contrattuale.
Mentre il primo ha solide basi giuridiche, il secondo è scritto nell’acqua, o meglio sarà scritto nella norma che il Parlamento si accinge a discutere e votare, ma che necessita di robusti richiami giuridici nell’ambito dell’ordinamento interno, che ad occhio non vediamo.
La nostra preoccupazione è legata al fatto che, per una errata costruzione giuridica, l’applicazione della norma, se impugnata, non reggerebbe al vaglio dei Giudici.
Per contro, noi riteniamo che il principio della continuità didattica sia un valore assoluto da proteggere e salvaguardare per la tutela effettiva degli alunni con disabilità e vada preservato come diritto degli alunni in quanto tale, non come diritto di terzi, chiunque essi siano, in quanto il rischio che si corre, ad inseguire soluzioni di poco respiro, che non avremmo né la prima, né la seconda, questo sì che sarebbe un dramma per gli alunni.
Infine, auspichiamo che su questo tema si abbassino i toni che intravediamo in alcune prese di posizione da parte di alcune organizzazioni di lavoratori.
Non bisogna dimenticarsi che c’è in gioco il futuro e la stabilità del sostegno per gli alunni con bisogni educativi complessi.
Tutti sappiamo i danni incalcolabili che gli alunni subiscono dal mutamento continuo dei docenti di sostegno. Quindi, pur comprendendo i legittimi interessi rappresentativi, tuttavia auspichiamo che il dibattito sia costruttivo e miri, con soluzioni realistiche, a migliorare il testo, ma non a inficiarlo del tutto impedendo che la continuità didattica, quale diritto preminente e superiore, sia sacrificato o peggio ancora sia sacrificato del tutto.
In conclusione, la FIRST:
In prospettiva altre soluzioni si possono intravedere, ma intanto si inizi da qui.