Il professor Luisi era stato nominato ricercatore a Trento nel 1994 e nel periodo tra gennaio 2010 e maggio 2019 aveva affiancato la docenza universitaria alla conduzione di una ditta individuale, senza mai informare l’ateneo. Tra le accuse figurava anche una condanna per peculato a 2 anni di reclusione, non comunicata all’Università. Le indagini condotte dalla Guardia di Finanza hanno inoltre evidenziato una significativa attività libero-professionale in ambito giuridico.
Il divieto di svolgere incarichi retribuiti senza autorizzazione è chiaro e riguarda tutti i dipendenti pubblici, come stabilito dalla legge. La sentenza ha sottolineato che è compito dell’Amministrazione verificare le cause di incompatibilità e, se necessario, avviare il procedimento di decadenza dall’impiego. Tuttavia, è emerso che il professor Luisi ha mantenuto il silenzio sulle sue attività esterne, non rispettando il dovere di informare correttamente l’ateneo.
Il docente è stato prosciolto dall’addebito risarcitorio di 103.369 euro relativo al differenziale retributivo tra il tempo pieno e il tempo definito, quest’ultimo compatibile con l’attività di avvocato. Secondo la Corte d’Appello, non è stato dimostrato che le sue attività extra abbiano influenzato negativamente la sua attività didattica o l’assistenza agli studenti.
In conclusione, nonostante il parziale proscioglimento, il professor Luisi dovrà restituire una somma significativa per aver svolto attività professionali non autorizzate durante il suo incarico universitario.