Concorso DS 2019 – Da poco tempo si è formato un gruppo di neo dirigenti scolastici che invocano una mobilità straordinaria in relazione alle assegnazioni delle sedi loro assegnate e al blocco dei trasferimenti, previsto nel contratto, da qui al prossimo triennio. Una situazione di “dirigenti deportati” quanto meno inaccettabile. Molti di questi, infatti, stanno procedendo alle rinunce, nonostante i loro enormi sacrifici per raggiungere questo importante traguardo.
Concorso DS 2019: il comunicato stampa dei neo Dirigenti scolastici, “presto una mobilità straordinaria”
Oggi quasi il 50% dei vincitori al Concorso DS 2019 si trova costretto a dover scegliere tra una rinuncia e un trasferimento forzoso nelle sedi sparse in tutto il territorio nazionale. E, cosa ancor più grave, da quella sede per contratto non ci si potrà spostare fino al 2022.
Quanto accaduto, dopo le assegnazioni alle sedi (qualcuna a migliaia di chilometri di residenza) è paragonabile per certi versi a quella venutasi a creare con il grande piano assunzionale del 2015, frutto della Buona Scuola di Matteo Renzi. In quel caso ad essere deportati furono i docenti, oggi tocca ai Dirigenti Scolastici.
Il Gruppo in questione, denominato “Gruppo Neo Dirigenti Scolastici per la mobilità straordinaria”, ponendo una serie di questioni in ragione delle scelte politiche ‘errate’ circa le procedure di assunzioni per i prossimi due anni, chiede al Presidente Mattarella e al Premier Conte una soluzione a tutto ciò. Lo fa attraverso un comunicato stampa che si allega in calce al presente articolo.
Le scelte politiche errate, di cui sopra, sono supportate da alcune “incongruenze” e contraddizioni macroscopiche presenti nel contratto. Il comunicato a tal proposito precisa: “Come conseguenza più evidente e ingiusta, i vincitori posti nelle ultime posizioni – destinati, dunque, ad essere immessi in ruolo non dal settembre 2019, ma dal settembre 2020 – potranno scegliere sedi più vantaggiose rispetto a chi, pur posizionandosi ai primi posti della graduatoria di merito, a partire da quest’anno sarà costretto a un lunghissimo periodo di lavoro fuori regione, in un palese ribaltamento del criterio di merito e con una manifesta lesione dei principi amministrativi di imparzialità̀ e ragionevolezza”.
Le scelte politiche ‘errate’ sono simili alle clamorose ingiustizie della Buona Scuola di Renzi
Questa situazione è molto simile a quella che si è manifestata nel 2015 con la distinzione in fasi dei contingenti immessi in ruolo: fase A, B e C. Il risultato, allora, fu proprio lo stesso di quello prospettato oggi dai neo Dirigenti Scolastici.
Nel 2015 i docenti che avevano lavorato da tempo nelle scuole statali come precari, quindi con un punteggio più alto nelle GaE, si trovarono costretti paradossalmente a fare le valigie perhè trasferiti presso le sedi più distanti dalla loro provincia di residenza. Tutti i docenti della fase C, invece, quelli cioè con poco punteggio (presenti nelle GaE agli ultimi posti) si trovarono con loro sorpresa assunti in ruolo nelle sedi scolastiche più vicine.
Per evitare tutto quanto appena illustrato, il gruppo dei neo dirigenti propone di “adottare a partire dall’A.S. 2020/2021 e fino all’esaurimento della graduatoria di merito” alcune misure, in particolare:
- La mobilità straordinaria su tutte le sedi disponibili prima delle nuove immissioni in ruolo;
- L’abolizione del tetto del 30% e di qualsiasi limitazione al numero delle sedi disponibili per la mobilità interregionale.
Insomma, le perplessità avanzate dai nuovi dirigenti scolastici hanno una base di verità, sono del tutto attendibili e rischiano di innescare una sfilza di ricorsi e di contenzioni che già il mondo della scuola e il Ministero della Pubblica Istruzione conosce abbastanza bene. Ecco perché si ritiene doveroso e di buon senso dare corso alle richieste avanzate dai neo ‘deportati’ Dirigenti Scolastici.
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