Calo demografico e le ripercussioni a scuola: contrazioni di classi e docenti, in aumento Bes e Dsa

Calo demografico
Calo demografico

L’aumento del calo demografico in Italia porta ad una riduzione costante del numero di iscritti a scuola, con oltre 100 mila banchi in meno all’anno. Tuttavia, questo non si traduce in un numero inferiore di alunni per classe. I parametri stabiliti dalla riforma sul dimensionamento Gelmini-Tremonti impongono ancora standard elevati, con un minimo di 27 studenti per le prime classi delle superiori. L’aggiunta di pochi studenti può portare alla formazione delle tanto criticate classi pollaio.

Le ripercussioni per scuola dovute al calo demografico lento ma costante: a crescere è il numero dei Bes e delle ‘classi pollaio’

Le aspettative erano che il calo delle iscrizioni potesse rappresentare un’opportunità per ridurre il numero di studenti per classe e migliorare l’ambiente scolastico, specialmente per docenti che gestiscono studenti con Dsa, Bes, e bisogni formativi individualizzati. Tuttavia, la legge non è stata modificata, e il Ministero ha confermato che l’organico resterà invariato per diversi anni, sebbene i docenti aggiuntivi verranno destinati a sostituzioni e attività collaterali.

Un caso esemplare a Firenze e provincia: da Settembre 40 docenti in meno e 38 classi in meno

Secondo Emanuele Rossi, segretario generale di Flc Cgil Firenze, la provincia sta vivendo un “inverno demografico” senza fine. Gli studenti a Settembre saranno circa 115.600, con una diminuzione di circa 2.100 unità rispetto all’anno precedente. Rossi sostiene che questa è un’occasione persa: mantenendo lo stesso numero di classi e docenti, sarebbe stato possibile ridurre il numero di alunni per classe e migliorare il rapporto tra insegnanti e studenti. A Settembre, nella provincia, ci saranno 40 docenti in meno e 38 classi in meno, con Infanzia e primaria maggiormente colpite.

L’emergenza demografica italiana non impatta solo la scuola. Entro il 2030 si prevede una diminuzione di 150mila lavoratori all’anno, con un saldo negativo tra flussi in entrata e uscita di lavoratori. Il Monitor “Il mercato del lavoro in Italia” di Legacoop e Prometeia evidenzia che già nel 2023 il 40% delle imprese dei servizi e il 9% delle imprese manifatturiere segnalavano carenze di lavoratori come ostacolo alla produzione.

Dal 2013 il tasso di posti vacanti è in crescita. La domanda di lavoratori con basso livello di istruzione è aumentata più rapidamente rispetto a quelli con istruzione elevata. Tuttavia, il disallineamento tra la specializzazione dei lavoratori e quella richiesta dal mercato è problematico, specialmente in discipline come economia, ingegneria, architettura e scienze dell’educazione.

Legacoop e Prometeia: ‘Sfruttare il potenziale di forza lavoro’

Legacoop e Prometeia sottolineano che l’Italia dispone di un’ampia forza lavoro potenziale inutilizzata, con tassi di partecipazione lavorativa più bassi rispetto alla media UE, specialmente tra le donne. Sono necessari programmi di re-skilling per allineare le competenze della forza lavoro disponibile alle esigenze del mercato e politiche che facilitino la mobilità geografica.

Secondo Simone Gamberini, presidente di Legacoop, la soluzione risiede nell’istruzione e nelle politiche attive del lavoro. La mancanza di manodopera è un problema prioritario per oltre un terzo delle cooperative, superando i costi delle materie prime e l’accesso al credito. Un cambiamento di mentalità e l’ottimizzazione delle risorse sono essenziali per affrontare le sfide del sistema produttivo italiano.

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