Valditara ha citato i dati Invalsi per sottolineare come l’Italia, tradizionalmente tra i Paesi con gli stipendi più bassi per i docenti, abbia fatto significativi progressi. Nel 2023, infatti, i docenti italiani hanno superato colleghi di Francia e Portogallo in termini di retribuzione. A fine carriera, ha aggiunto Valditara, il potere d’acquisto di un insegnante italiano risulta superiore persino a quello di un docente svedese o finlandese, storicamente considerati tra i più retribuiti in Europa.
Nonostante i progressi rivendicati dal governo Meloni, la situazione degli insegnanti italiani continua a sollevare dibattiti. I dati più recenti, risalenti al 2019, mostrano una retribuzione lorda media di circa 31.950 euro, nettamente inferiore alla media OCSE di 42.300 euro e molto distante dai 47.000 euro percepiti dai docenti tedeschi. Paesi come Francia e Spagna si collocano comunque sopra l’Italia, con stipendi medi rispettivamente di 37.000 e 33.000 euro. In pratica, un insegnante italiano guadagna mediamente poco più di 2.000 euro lordi al mese.
La questione del rinnovo del contratto per il triennio 2022-2024 rimane centrale. Il governo ha proposto un aumento medio di circa 137 euro lordi al mese, pari a un incremento del 5,78% della retribuzione attuale. Tuttavia, sindacati e mondo scolastico hanno giudicato questa cifra insufficiente, soprattutto alla luce di un’inflazione che ha raggiunto il 17,3%. L’offerta del governo non riesce a compensare il calo del potere d’acquisto subito dai docenti negli ultimi anni, e la trattativa si preannuncia complessa, con le parti sociali in stato di agitazione.
Giuseppe Valditara ha ribadito l’impegno del governo Meloni nel valorizzare la professione docente, attraverso investimenti concreti e una politica di aumenti salariali. Tuttavia, il divario tra gli stipendi italiani e la media europea rimane significativo, e le aspettative di una crescita reale del potere d’acquisto per gli insegnanti sembrano ancora lontane dall’essere soddisfatte.