Home Comunicati Assistenza all’autonomia e l’inclusione scolastica: necessaria una riforma per un profilo professionale...

Assistenza all’autonomia e l’inclusione scolastica: necessaria una riforma per un profilo professionale di alto livello

Proposte della FIRST per l’assistenza all’autonomia: servono uniformità nazionale, formazione qualificata e soluzioni per garantire inclusione scolastica.

Inclusione e disabilità

Riceviamo e pubblichiamo il seguente comunicato stampa da parte della Federazione Italiana Rete Sostegno e Tutela Diritti delle Persone con Disabilità (FIRST), che intende esprimere le proprie considerazioni e preoccupazioni in merito all’attuale quadro normativo relativamente all’assistenza all’autonomia e alla comunicazione per gli alunni con disabilità.

FIRST

Assistenza all’autonomia e comunicazione: urgono uniformità nazionale e formazione di alta qualità

Noi sappiamo che secondo il riparto di competenze, di cui all’art. 117 comma terzo della Costituzione, in questa materia vige il riparto di legislazione concorrente tra lo Stato, a cui spetta la definizione del profilo professionale uniforme, e le Regioni a cui spetta, gestione, organizzazione e funzionamento.

Il testo ha la finalità di definire meglio la definizione dell’assistente all’autonomia e comunicazione, con un accenno importante alle diverse condizioni di disabilità.

Ciò che desta maggiore preoccupazione è lo scenario che si prefigura per il futuro.

Perché un conto è la salvaguardia di tutti coloro che, a vario titolo e denominazione, oggi esercitano la funzione di assistente all’autonomia e comunicazione, che hanno acquisito una situazione giuridicamente rilevante, anche ai fini di qualsivoglia processo di stabilizzazione,   ( intento condivisibile), altro e diverso aspetto è delineare il futuro profilo professionale e i titoli necessari per diventare assistenti all’autonomia e comunicazione.

Il testo non immagina un profilo di alto livello in ingresso alla funzione, che è esattamente il vulnus attuale di questa figura professionale, che ha determinato nel tempo danni e pregiudizi incalcolabili in danno degli alunni con disabilità, di cui evidentemente non si ha piena consapevolezza.

La Corte Costituzionale, con la nota sentenza n. 127/2023, ha stabilito che spetta allo Stato  “ individuare la figura professionale con i relativi profili e titoli abilitanti”.

In altre parole, non è sufficiente definire la funzione e l’individuazione del profilo professionale uniforme e futuro, senza indicare in modo adeguato i titoli abilitanti, che nello specifico non possono essere certamente quelli indicati nei commi 4 bis e 4ter.

I titoli sopra riportati possono andare bene per registrare lo status quo ante, al fine di non pregiudicare le posizioni professionali e lavorative di migliaia di persone che hanno acquisito  interessi giuridici rilevanti.

Ma delineare un profilo futuro è tutta un’altra storia!

Il profilo futuro non può che essere immaginato come un percorso di alto profilo professionale e di competenza, se non vogliamo continuare a fare i danni che stiamo facendo oggi, in pregiudizio degli alunni con disabilità, ai cui bisogni ed esigenze complesse, quella funzione deve conformarsi!

Nel detto contesto le opzioni valide potrebbero essere le più svariate, alcune già in campo, la FIRST, ne propone almeno due per il futuro.

La prima:

Predisposizione di un corso di laurea triennale “ in scienze dell’autonomia e della comunicazione per le disabilità sensoriali e neuro psico – fisiche” della durata di tre anni e 180 CFU, sulla scorta di una proposta già in campo da diverso tempo.

La seconda:

Abbinare taluni diplomi di laurea che hanno attinenza nelle aere psico – socio – educative, ad un percorso di formazione biennale, gestito dalle Università, in collaborazione anche con associazioni che hanno comprovata esperienza formativa nell’ambito delle varie condizioni di disabilità.

Il tutto demandato all’adozione di un Decreto Interministeriale, d’intesa con la Conferenza Permanente delle Regioni.

Nelle more dell’ attuazione del detto profilo, che necessita di un percorso graduale a regime pluriennale, riconoscere la funzione di assistente all’autonomia e comunicazione a tutti coloro che la esercitano attualmente, secondo lo schema delineato nel testo unico.

In tal modo avremmo:

  1. La delineazione di un profilo futuro di assistente all’autonomia e comunicazione di alto livello scientifico, professionale e di competenza, in grado di rispondere adeguatamente a tutti i bisogni espressi dalle diverse condizioni di funzionamento attinenti alle disabilità neuro – psico – fisiche e sensoriali;
  • La salvaguardia di tutti coloro che, fino ad oggi, esercitano concretamente la funzione predetta, che hanno acquisito una posizione giuridicamente rilevante e tutelabile.     

In altre parole, abbiamo già conosciuto lo schema sopra delineato, basti guardare l’art. 12 del Dlgs 66/2017, con riferimento ai corsi di specializzazione per le attività di sostegno didattico nella scuola dell’infanzia e nella scuola primaria, a cui possono accedere soltanto coloro che sono in possesso di una laurea magistrale a ciclo unico in Scienze della formazione primaria.

Nelle more della completa attuazione dell’art. 12, stanno accedendo anche altri titoli.

Diversamente, le indicazioni contenute nel comma 4 quater, a nostro modo di vedere, non offrono alcuna garanzia che si possa delineare un profilo professionale di alto livello.

In relazione alla possibile stabilizzazione presso gli Enti territoriali prevista dal comma 6 bis

La predetta disposizione sancisce, ovviamente, la fine del processo di internalizzazione e graduale stabilizzazione al MIM, prevista dal DDL 236/2022, nonostante non si possa non sapere che l’assistente all’autonomia e comunicazione è un professionista dell’inclusione scolastica, atteso che a scuola vive e lavora ogni giorno!

Si è persa un occasione storica per cambiare effettivamente il nostro sistema di inclusione scolastica.

E’ inutile ribadire in quali condizioni penose è ridotto il servizio di autonomia e comunicazione nel nostro Paese, e come sta trascinando nel baratro migliaia e migliaia di minori con disabilità.

Si è preferito percorrere un’altra strada, quella di fornire la possibilità agli Enti territoriali di assumere gli assistenti all’autonomia e comunicazione.

Il testo, con riferimento specifico al CCLN, non appare chiaro a quali contratti collettivi nazionali di lavoro faccia riferimento, di cui al comma 4, del nuovo art. 3 Dlgs 66/2017.

Nel dubbio riteniamo che possa riferirsi a tutti i CCNL che potenzialmente potrebbero essere applicati: 1) CCNL degli Enti Locali; 2) CCNL Cooperative sociali.

Certamente la norma si preoccupa, una volta introdotto il profilo professionale dell’assistente all’autonomia e comunicazione, di demandare ai CCLN i contenuti professionali, il trattamento economico e ogni altro istituto contrattuale, poiché, ad oggi, non essendo esistente un profilo professionale unico, l’inquadramento contrattuale è stato definito, per così dire, de relato, nell’ambito del CCNL delle cooperative sociali.

La domanda tuttavia che sorge naturale è la seguente:

Gli Enti territoriali, ad oggi, non hanno assunto un solo assistente, in quanto non esisteva un profilo unico nazionale e un CCLN ad hoc nel comparto degli Enti locali?

Il dubbio nasce proprio dalla disposizione di cui al comma 6 bis dell’art. 3, dlgs 66/2017, che prevede “.

“in sede di prima applicazione le regioni e gli enti locali possono procedere ad assumere con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, con apposita procedura concorsuale pubblica per titoli ed esami, a cui potrebbero partecipare tutti coloro che entro la scadenza per la presentazione della domanda di partecipazione hanno svolto, a qualsiasi titolo, per almeno trentasei mesi, anche non continuativi, funzioni di assistenza per l’autonomia e comunicazione presso le regioni e gli enti locali che procedono all’assunzione o presso le società di cui al comma 5 bis, e che sono in possesso del diploma di scuola secondaria di secondo grado”.

Se comprendiamo bene, la norma sembra salvaguardare coloro che, ad oggi, indipendentemente dall’esistenza o meno di un profilo nazionale e di un CCLN specifico, stanno svolgendo le funzioni predette e che hanno i requisiti predetti.

Pertanto, le Regioni, gli Enti locali intermedi e le società di cui al comma 5 possono procedere alle assunzioni con contratto a tempo indeterminato.

Se la detta lettura è corretta, resta da capire per quale ragione, ad oggi, nessuna Regione o Ente territoriale intermedio abbia proceduto ad una sola assunzione?

L’unico caso a conoscenza di questa Federazione è stato posto in essere dal Comune di Messina, che ha costituito un apposita società partecipata per la gestione dei servizi socio/assistenziali, la Messina Social City.

Al di fuori di tale ipotesi non si conoscono altri precedenti.

Adesso le norme del disegno di legge suggeriscono alle Regioni e ai Comuni che possono assumere gli assistenti, ma tutti sappiamo che NON esiste nessun obbligo che lo Stato può imporre ai predetti Enti, a maggiore ragione se non si colloca il detto “ auspicio” al trasferimento di risorse adeguate.

Ricordiamo che in tutte le Regioni vige il riparto di competenza per gradi di scuola, ove dall’infanzia, fino alla secondaria di primo grado, la competenza è dei Comuni; dalla secondaria di secondo grado la competenza è delle Regioni, salvo qualche rara eccezione.

Sicchè sono i Comuni quelli che dovranno sostenere maggiormente le assunzioni, ma senza risorse cospicue adeguate, che all’orizzonte non si vedono, bisognerà capire perché mai i Comuni dovrebbero fare quello che da circa trent’ anni non hanno mai fatto.

Certamente i Comuni più ricchi si sentiranno incentivati dalle disposizioni del disegno di legge a procedere in tal senso, considerando che con le assunzioni dirette verranno meno i costi di intermediazione che, fino ad oggi, sono stati sostenuti, e ciò non può che costituire una bella notizia.

Il problema è che bisogna sapere che in molte zone dell’ Italia, il servizio non è mai partito il primo giorno di scuola, ma molto tempo dopo, anche due/tre mesi dopo.

Si tratta di Comuni che, seppure non in dissesto o pre – dissesto, non sono mai stati in grado di attivare il servizio fin dal primo giorno di scuola, in tal caso appare poco realistico che questi Comuni possano pensare ad assunzioni!

Inoltre, ricordiamo che molti Comuni del Sud sono in dissesto o pre – dissesto, dunque, anche volendo, come e quando questi Enti potrebbero assumere non è dato sapere.

Ricordiamo, infatti, che un Ente Territoriale in dissesto NON può aumentare la sua dotazione organica per tutto il periodo di dissesto.

Pertanto, nella migliore delle ipotesi avremo una situazione a macchia di Leopardo, dove magari vi sarà qualche Regione e qualche Comune, più ricco e forte, che avrà la forza di finanziare questo servizio, ed altri che non c’è la faranno mai!

Avremo una diversificazione anche assistenziale e lavorativa, dove vi saranno, se vi saranno, servizi e assistenti sotto l’egida di qualche Ente territoriale virtuoso, ed altri costretti a marcire nel sistema dove si trovano.

In conclusione.

Il DDL 232/2022, pur migliorabile, portava con sé l’internalizzazione della funzione nell’ unico luogo ove aveva senso: il MIM.

Di conseguenza portava: uniformità assistenziale territoriale Nazionale, senza più distinzioni e discriminazioni tra minori più fortunati e minori meno fortunati, a seconda della fortuna o meno di nascere in un determinato contesto territoriale;  Uniformità dei percorsi formativi; Uniformità graduale nelle assunzioni; Uniformità contrattuale nel CCNL del comparto scuola; Dignità assistenziale e lavorativa.

In buone parole, mirava a perseguire “ uno storico ed effettivo salto epocale” della scuola dell’inclusione, oggi in grande sofferenza.

Peccato, si è persa un occasione storica irripetibile.

Il testo in discussione al Senato, nella migliore delle ipotesi, ci restituirà, per le ragioni sopra indicate, una condizione di preoccupante differenziazione territoriale, ove la differenza sarà legata alle diverse condizioni economiche territoriali e alla volontà politica di questo o quell’Ente territoriale.

In mezzo a tutto ciò, le sorti di alunni, famiglie, lavoratrici e lavoratori.

Exit mobile version