Poco dopo, due intrepide studentesse beneventane, accompagnate dalla polizia di Stato, hanno potuto avvicinare la ministra sulle scale, intrattenendo con la stessa un colloquio informale ma ‘aspro’ e sincero.
Come per smacco, le due studentesse, approfittando della situazione, hanno donato alla ministra una riproduzione delle insegne di una nota catena di fast food; luogo di lavoro, quest’ultimo, dove molti studenti stanno svolgendo la loro attività di l’alternanza scuola-lavoro.
Il confronto tra le due ragazze e la ministra, definito da tutti aspro ma civile, va avanti e si incentra su alcuni punti fermi, insiti nella protesta studentesca: “Non vogliamo lavorare gratis e non vogliamo sottrarre ore allo studio per lavorare”. A queste parole segue la risposta ferma e decisa della Fedeli: «Non dovete lavorare – spiega la ministra – l’alternanza scuola lavoro non è apprendistato. E’ una cosa diversa e la scuola che frequentate dovrebbe controllare che non ci siano situazioni di sfruttamento». Il solito scarica barile?
In buona sostanza, per la ministra della Pubblica Istruzione, i controlli sulle aziende dovrebbero essere garantiti dalle scuole e non dal Ministero. Chi scrive ritiene, viceversa, che i controlli dovrebbero essere espletati dall’Amministrazione Centrale, visto che è anche l’Ente che eroga i contributi alle aziende che ospitano gli studenti. Chissà perché, in questo caso, la tanto odiata responsabilità oggettiva non rientra tra i compiti di vigilanza del ministero presieduto proprio dalla ministra Valeria Fedeli.