Al di fuori di questi casi, le fasi di attribuzione successive devono avvenire attraverso il “rifacimento” delle operazioni di conferimento, non semplicemente scorrendo la graduatoria oltre l’ultimo candidato trattato.
Il Tribunale ha chiarito che, secondo il quinto comma dell’articolo, l’assegnazione degli aspiranti deve avvenire “nell’ordine delle classi di concorso o tipologia di posto indicato e delle preferenze espresse sulla base della posizione occupata in graduatoria“.
La posizione del Ministero dell’Istruzione, che consente di assegnare l’incarico a un candidato collocato in una posizione inferiore, contrasta con questa logica.
Tale possibilità introduce variabili imprevedibili e non legate ai titoli posseduti dagli aspiranti, come il momento in cui la posizione diventa disponibile, alterando il processo di assegnazione.
Il Tribunale ha sottolineato che un’interpretazione della norma che consenta la preferenza per candidati in posizioni inferiori non è coerente con i principi generali di buon andamento ed efficienza della pubblica amministrazione.
Il meccanismo di assegnazione delle supplenze delineato dall’articolo 12 richiede un’applicazione sistematica delle varie disposizioni per garantire razionalità e trasparenza. Il criterio suggerito dal Ministero dell’Istruzione rischia di compromettere l’equità e l’efficacia dell’intero processo.
Un altro punto fondamentale della sentenza riguarda l’onere della prova. Il Tribunale di Roma ha ribadito che spetta al datore di lavoro pubblico dimostrare di aver operato correttamente, in applicazione del principio di vicinanza della prova.
Questo principio si basa sul fatto che l’amministrazione scolastica, che gestisce le assegnazioni a tempo determinato, è l’unica ad avere accesso a tutte le informazioni rilevanti (domande, punteggi, ordine di preferenze, eventuali titoli di priorità).
Di conseguenza, è responsabilità del Ministero dell’Istruzione dimostrare che le operazioni di conferimento sono state eseguite correttamente.
Considerate tutte queste riflessioni, il giudice dott. Rigato ha determinato che la condotta del Ministero è stata illegittima. La sentenza ha ordinato un risarcimento economico per un anno di mancato insegnamento e il relativo punteggio annuale, restituendo così alla docente la posizione che le era stata ingiustamente sottratta.
Questo verdetto non solo compensa la docente per il danno subito, ma crea anche un precedente significativo per casi futuri, chiarendo che il Ministero dell’Istruzione deve seguire rigorosamente i criteri di assegnazione previsti dalle normative.
In conclusione, la sentenza del Tribunale del Lavoro di Roma rappresenta un avanzamento importante verso la giustizia e la trasparenza nelle assegnazioni delle supplenze. La critica all’uso dell’algoritmo e l’insistenza sulla corretta interpretazione delle norme sottolineano l’importanza di processi equi e trasparenti nella pubblica amministrazione.
Per le future assegnazioni, sarà essenziale che il Ministero dell’Istruzione adotti misure che garantiscano il rispetto delle graduatorie e delle preferenze degli aspiranti, evitando interpretazioni che possano compromettere l’equità del sistema.