giovedì, 13 Marzo 2025
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L’aumento delle certificazioni DSA: tra consapevolezza e polemica

L’aumento delle certificazioni DSA tra consapevolezza diagnostica e polemiche. Scopri cosa sono i DSA e perché le diagnosi sono in crescita.

Le dichiarazioni del filosofo e psicanalista Umberto Galimberti sui Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA) hanno acceso un acceso dibattito nell’opinione pubblica. “La scuola elementare sembra che sia diventata una clinica psichiatrica, sono tutti discalculici, disgrafici, dislessici, asperger, autistici, ma chi l’ha detto? Ai tempi miei non c’erano queste condizioni, c’era uno che era più bravo e quell’altro un po’ meno bravo che poi si esercitava e diventava bravo. Perché patologizzare tutte le insufficienze?”.

Secondo Galimberti, l’aumento delle certificazioni di DSA sarebbe legato non tanto a un reale incremento di queste condizioni, quanto a un’eccessiva protezione da parte dei genitori, desiderosi di agevolare il percorso scolastico dei figli. Questa affermazione ha suscitato forti reazioni, spingendo esperti e professionisti del settore a fare chiarezza sul tema. Qual è la realtà dietro l’incremento delle diagnosi? Si tratta di una maggiore consapevolezza scientifica o di una tendenza a patologizzare le difficoltà scolastiche? Analizziamo il fenomeno.

Cosa sono i Disturbi Specifici dell’Apprendimento?

I DSA sono condizioni di natura neurobiologica che influenzano la capacità di leggere, scrivere e calcolare in modo corretto e fluente. Non si tratta di semplici difficoltà legate a svogliatezza o a un metodo di studio inadeguato, ma di una condizione strutturale del neurosviluppo. La neurodivergenza, di cui i DSA fanno parte, indica una differente organizzazione neurologica rispetto alla norma, senza che vi sia una patologia sottostante. Queste condizioni possono avere un impatto significativo sul rendimento scolastico e sull’autostima degli studenti, rendendo indispensabili interventi didattici mirati.

Perché aumentano le certificazioni?

Uno dei fattori determinanti è la maggiore consapevolezza diagnostica. Fino a pochi decenni fa, molte di queste difficoltà restavano sommerse e non venivano riconosciute. L’approvazione della Legge 170 del 2010 ha reso le scuole più responsabili nel segnalare le difficoltà degli studenti, favorendo una diagnosi precoce. Anche l’Associazione Italiana Dislessia ha avuto un ruolo fondamentale nel diffondere informazioni corrette e nel promuovere pari opportunità educative.

Un’altra motivazione è l’aumento delle richieste scolastiche: programmi più complessi e ritmi serrati mettono sotto pressione gli studenti, portando a una maggiore attenzione alle loro difficoltà. L’uso sempre più diffuso della tecnologia può inoltre influenzare la capacità di concentrazione e apprendimento, amplificando le difficoltà di alcuni alunni.

Disturbo o difficoltà scolastica?

È fondamentale distinguere tra un vero disturbo dell’apprendimento e una difficoltà momentanea. Le difficoltà scolastiche possono emergere in qualsiasi fase del percorso di studi e spesso sono legate a fattori ambientali, sociali o culturali. A differenza dei DSA, che sono stabili nel tempo, le difficoltà possono essere superate con adeguati interventi didattici e psicologici. Gli strumenti diagnostici utilizzati dai professionisti servono proprio a evitare diagnosi errate e a fornire un quadro chiaro della situazione dell’alunno.

Il ruolo della scuola e l’approccio didattico

Le certificazioni diagnostiche non devono essere viste come uno strumento per giustificare le difficoltà scolastiche, ma come un mezzo per individuare e supportare gli studenti con reali esigenze. La scuola ha un ruolo fondamentale nell’osservazione e nella segnalazione precoce di segnali predittivi di DSA, oltre a dover adottare strategie didattiche flessibili per rispondere alle esigenze di tutti gli alunni.

Un approccio efficace è ben sintetizzato dalle parole del Prof. Mel Levine: “Non intendo trattare neppure due di voi allo stesso modo e niente proteste al riguardo. Alcuni dovranno scrivere lunghe relazioni, altri avranno il permesso di farle più corte; alcuni dovranno leggere articoli chilometrici, altri articoli brevi. Così stanno le cose. Ognuno apprende in modo diverso e se qualcuno ha esigenze particolari, me lo faccia sapere e io penserò a studiare qualcosa di più adatto a lui. Ma non voglio sentire lamentele su quello che faccio per gli altri”.

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