Riceviamo e pubblichiamo il seguente comunicato da parte dell’Ufficio Stampa Fondazione ISMU che presenta i principali dati statistici del 30° Rapporto sulle Migrazioni 2024.
Presentazione 30° rapporto ISMU sulle migrazioni 2024
17 febbraio 2025, ore 10.00-18.30
Teatro Franco Parenti, via Pier Lombardo 14, Milano.
L’evento è trasmesso anche in diretta streaming sul canale YouTube di Fondazione ISMU ETS
Milano, 17 febbraio 2025. In occasione del 30° Rapporto sulle migrazioni, Fondazione ISMU ETS ripercorre l’andamento dei flussi migratori che negli ultimi trent’anni ha visto crescere la popolazione con background migratorio fino a quasi sei milioni, evidenziando le trasformazioni sociali e l’impatto che essa ha avuto sulla società italiana. Un percorso complesso, influenzato dalle vicende storiche – dal crollo del muro di Berlino fino al conflitto russo-ucraino – e che, col tempo, ha visto affiancarsi alle prime generazioni sia le seconde, oggi adulte e avviate a dare vita alle terze, sia le numerose acquisizioni di cittadinanza, che hanno prodotto quasi due milioni di “nuovi italiani”.
La presenza della popolazione immigrata nel nostro Paese ha avuto un impatto importante su diversi ambiti: dalla scuola al mercato del lavoro, alla sanità pubblica. Il tutto mentre sono cambiati gli atteggiamenti nei confronti dell’immigrazione e nuove sfide, dal fronte legislativo ai pericoli dell’intelligenza artificiale, si presentano all’orizzonte.
L’immigrazione al 1° gennaio 2024
Fondazione ISMU ETS stima che al 1° gennaio 2024 gli stranieri presenti in Italia siano 5 milioni 755mila, in leggero calo (20mila in meno, -0,3%) rispetto alla stessa data del 2023
Crescono i residenti: 5 milioni e 254mila unità rispetto ai 5 milioni 141mila del 2022, mentre continua il calo degli irregolari registrato dal 2019: ISMU stima che si attestino sulle 321mila unità (il 5,6% del totale dei presenti).
Per quanto riguarda gli ingressi in Italia, nel 2023 si è registrata una importante riduzione dei permessi di soggiorno per lavoro (-42,2% rispetto al 2022). Crescono, invece, quelli per motivi di famiglia, di asilo e richiesta di protezione internazionale e per motivi di studio. I cittadini non comunitari con un permesso di soggiorno di lungo periodo sono 2 milioni e 139mila.
Passando agli sbarchi, nel 2024 sono stati poco più di 66mila (-57,9% rispetto al 2023). In flessione anche gli arrivi via terra: nei primi 6 mesi del 2024 sono stati 3.400, contro i 5.600 del 2023. Per contro, crescono le richieste di asilo: nei primi nove mesi del 2024 sono state 116mila (+27,1%).
Sul fronte del lavoro si segnala che nel 2023 gli occupati stranieri di età tra i 15 e i 64 anni sono 2 milioni e 317mila. Tra il 2005 e il 2023 il tasso di attività degli italiani è cresciuto dal 61,9% al 66,4%, mentre la componente straniera è passata dal 73,4% al 69,6%. Il tasso di occupazione per gli italiani è cresciuto dal 57,2% al 61,2%, mentre per gli stranieri è diminuito dal 65,8% al 61,6%. L’incidenza degli stranieri sul totale dei disoccupati è pari al 15,5%.
Per quanto riguarda la scuola, nell’anno scolastico 2022/23 il numero degli alunni con CNI (cittadinanza non italiana), nati all’estero e nati in Italia, si attesta a 914.860 presenze, corrispondenti all’11,2% sul totale degli iscritti (8.158.138) dalle scuole dell’infanzia alle secondarie di secondo grado.
Sono questi alcuni dei principali dati e riflessioni che emergono dal 30° Rapporto sulle migrazioni 2024, elaborato da Fondazione ISMU ETS, che viene presentato oggi 17 febbraio, dalle 10.00 alle 13.00, presso il Teatro Franco Parenti, via Pier Lombardo 14, Milano. L’evento è trasmesso anche in diretta streaming sul canale YouTube di Fondazione ISMU ETS.
Per festeggiare la 30esima edizione del Rapporto, Fondazione ISMU ETS ha organizzato, in collaborazione con Fondazione Cariplo, una giornata di riflessione, dibattito e confronto sui temi delle migrazioni. Dopo i saluti istituzionali di Andrée Ruth Shammah, Direttrice del Teatro Franco Parenti, Giovanni Azzone, Presidente di Fondazione Cariplo, e Gian Carlo Blangiardo, presidente di Fondazione ISMU ETS; Nicola Pasini, Segretario Generale di Fondazione ISMU ETS, apre i lavori ed entra nel vivo della presentazione con un intervento intitolato Liberiamo le migrazioni dalle passioni: la ‘spinta gentile’ di ISMU. Livia Elisa Ortensi, responsabile Settore Statistica di Fondazione ISMU ETS, illustra i dati statistici del 30° Rapporto sulle migrazioni 2024. Segue il talk Lavoro, scuola, diritti, religioni, Europa: le frontiere dell’integrazione, moderato dal giornalista del Corriere della Sera, Marco Castelnuovo, e con gli esperti di Fondazione ISMU ETS: Ennio Codini, Settore Legislazione; Alessia Di Pascale, Settore Europa e Paesi Terzi; Mariagrazia Santagati, Settore Educazione; Giovanni Giulio Valtolina, Settore Religioni; Laura Zanfrini, Settore Economia, Lavoro e Welfare. Chiude la presentazione lo speech Le verità della terra, le verità del maredello scrittore Paolo Giordano.
Nel pomeriggio, a partire dalle 14.15, si terranno quattro workshop(la partecipazione è a numero chiuso) sulle seguenti tematiche: Cittadinanza: una sfida aperta; Ricerca e filantropia nell’era dei Big Data e dell’IA (in collaborazione con Fondazione Cariplo); Incroci di sguardi negli spazi della vita quotidiana; Migrazioni e lavoro: (il)legalità, (in)sostenibilità e (esc)inclusione.
Alle 17.30 un brindisi per i 30 anni del Rapporto ISMU con letture dell’attore Fausto Cabra.
I PRINCIPALI DATI STATISTICI DEL 30° RAPPORTO SULLE MIGRAZIONI 2024
1) MIGRAZIONI IN ITALIA
L’immigrazione in Italia negli ultimi 30 anni. In occasione del 30° Rapporto sulle migrazioni, Fondazione ISMU ETS ripercorre l’andamento dei flussi migratori e dei processi di integrazione. Ne emerge come, negli ultimi cinquant’anni, la popolazione straniera abbia giocato un ruolo fondamentale nel cambiamento demografico e sociale del nostro Paese.
Al 1° gennaio 2024 sul territorio italiano sono presenti quasi sei milioni di persone con background migratorio. Il periodo di crescita più rapida si è registrato dagli anni Duemila. Tra il censimento 2001 e il 31 dicembre 2011 gli stranieri residenti in Italia hanno contribuito all’incremento demografico, essendo aumentati di 2 milioni e 984mila unità nel quadro di un aumento del complesso della popolazione residente di 3 milioni e 5mila. Negli anni successivi l’apporto migratorio netto è stato più modesto (circa 700mila unità tra il 1° gennaio 2012 e il 1° gennaio 2022) e si è rivelato insufficiente a compensare il calo della popolazione dovuto al decremento della componente con cittadinanza italiana.
Quante sono le persone con background migratorio in Italia. Fondazione ISMU ETS stima che al 1° gennaio 2024 gli stranieri presenti in Italia siano 5 milioni 755mila, in leggero calo (20mila in meno, -0,3%) rispetto alla stessa data del 2023. Il bilancio demografico del 2023 mostra una significativa crescita dei residenti: 5 milioni e 254mila unità rispetto ai 5 milioni 141mila dell’anno precedente (+113mila). Circa il 70% dei residenti è costituito da cittadini non comunitari.
Diminuiscono gli irregolari. Continua il calo degli irregolari registrato dal 2019. In particolare, al 1° gennaio 2024 ISMU stima che questi ultimi si attestino sulle 321mila unità, cioè -137mila rispetto ai 458mila dell’anno precedente. La componente irregolare costituisce il 5,6% del totale dei presenti (nel 2022 erano il 7,9%).
Stazionari i regolari non residenti. Nel 2023 restano sostanzialmente stazionari i “regolari non residenti”, passati da 176mila a 180mila unità (+4mila). L’anno precedente il loro numero era sceso in maniera consistente, da 293mila a 176mila (-117mila).
In calo le nascite tra gli stranieri. Il consistente e continuo aumento della popolazione straniera residente in Italia non è dovuto solo alle immigrazioni, ma anche alle nascite. Queste ultime, dopo il record storico di circa 80mila nati nel 2012, sono diminuite progressivamente sino a scendere ai 50mila nati del 2023.
In aumento le acquisizioni di cittadinanza. Per quanto riguarda le nuove cittadinanze, nell’intervallo 2011-2023 sono state complessivamente circa un milione e 700mila. Nel 2023 i nuovi cittadini italiani sono stati 214mila, la quasi totalità (92%) erano non comunitari.
Il 25% delle cittadinanze concesse in Lombardia. Nel 2023 un quarto delle acquisizioni di cittadinanza è stato concesso in Lombardia (25,1%) e poco più di una su dieci in Emilia-Romagna (12,6%) e Veneto (11,6%). I principali Paesi da cui provengono i nuovi cittadini sono Albania e Marocco, rispettivamente con un’incidenza di 74 e 61 nuovi cittadini italiani ogni 100 stranieri (tuttora) della stessa origine.
In calo i permessi di soggiorno per lavoro. Per quanto riguarda gli ingressi in Italia, Fondazione ISMU ETS evidenzia come, in generale, negli ultimi anni il nostro Paese sia stato poco attrattivo rispetto alle nuove migrazioni per lavoro e per motivi di studio, mentre ha dimostrato una maggiore capacità di richiamo sia sul fronte dei ricongiungimenti familiari, per effetto di processi di stabilizzazione di migrazioni pregresse, sia su quello della ricerca di protezione. Infatti, riguardo ai permessi di soggiorno, nel 2023 si è registrata una importante riduzione di quelli per lavoro (-42,2% rispetto al 2022), probabilmente per l’esaurimento degli effetti precedentemente prodotti dai permessi per emersione, una componente che nel 2022 copriva il 72,6% dei permessi per lavoro.
A partire dal 2011, gli ingressi regolari di cittadini non comunitari in Italia sono avvenuti prevalentemente per ricongiungimento familiare (nel quadriennio 2018-2021 sono stati oltre la metà dei nuovi flussi). Inoltre, sono cresciuti quelli per motivi di asilo e richiesta di protezione internazionale, che dal 2015 al 2020 hanno costituito la seconda motivazione di ingresso (con una incidenza sul totale dei permessi che ha raggiunto punte superiori al 34%). A tale proposito, nel 2022 la guerra in Ucraina ha portato la protezione internazionale a diventare la prima motivazione di ingresso in Italia, con oltre il 45% dei permessi.
Il caso dei permessi per motivi di studio. Per quanto riguarda i permessi per motivi di studio, nel corso del 2023 sono aumentati (+9,4% rispetto al 2022) e hanno superato quota 27mila (l’8,3% del totale). Tuttavia, al primo posto ci sono quelli concessi a iraniani (4.209 permessi per motivi di studio), seguiti da cinesi (3.779), turchi (2.074), indiani (1.785), russi (1.241) e statunitensi (1.091). Si tratta di Paesi che, esclusa la Cina, non sono tra i più interessati dall’immigrazione verso l’Italia.
In Italia oltre 2 milioni di lungo soggiornanti. Al 1° gennaio 2024, i cittadini non comunitari con un permesso di soggiorno di lungo periodo – titolo concesso a chi soggiorna regolarmente nel Paese da oltre 5 anni – sono 2 milioni e 139mila, pari al 59,3% di coloro che a quella stessa data hanno un documento di soggiorno valido. Va, però, sottolineato che nel corso del 2023 la loro incidenza si è leggermente ridotta rispetto al 60,1% registrato alla fine del 2022 e al 65,8% del 2021, probabilmente per la crescita dei nuovi permessi con scadenza e, soprattutto, per l’aumento delle acquisizioni di cittadinanza.
Tra i lungo soggiornanti, i moldavi rappresentano l’86%, gli ecuadoriani il 78,8%, i serbi il 78,1%, i macedoni il 76,4% e i bosniaci il 75,9%. La loro presenza è assai più stabilizzata al Centro-Nord. Infatti, nel Mezzogiorno solo il 51,9% dei cittadini non comunitari regolarmente presenti ha un permesso di lungo periodo, contro il 58,9% del Nord-Ovest, il 61,3% del Nord-Est e il 62,9% del Centro.
Sbarchi e ingressi via terra. Dopo che, nel 2023, gli ingressi non autorizzati alle frontiere marittime avevano raggiunto una dimensione pari a oltre 13 volte quelli osservati nel 2019, il 2024 si è chiuso con poco più di 66mila sbarchi (-57,9% rispetto al 2023). In particolare, al 15 novembre 2024 la riduzione degli sbarchi era del 60% rispetto allo stesso periodo del 2023, sia per gli arrivi dalla Tunisia (-80,3%), sia per quelli dalla Libia (-20,2%) e dalla Turchia (-51,1%).
A fronte di un numero di sbarchi inferiore, il rapporto tra deceduti e persone approdate in Italia nel 2024 è pari a 25,5, in crescita rispetto al 2023 (16,0%). Nel 2024 nel Mediterraneo hanno perso la vita almeno 1.692 persone, di cui 79 bambini (nel 2023 erano stati 2.526, di cui 91 bambini).
Quanto ai paesi d’origine, dai dati IOM-UNHCR risulta che ad arrivare lungo la rotta tunisina sono state prevalentemente persone originarie dell’Africa Sub-Sahariana, come Guinea (18,4%), Costa d’Avorio (16,0%), Burkina Faso (8,5%) e Mali (5,8%), oltre che dalla Tunisia stessa (17,9%). Dalla Libia, invece, si sono imbarcate prevalentemente persone provenienti dall’Asia e dal Medio Oriente, in particolare Bangladesh (23,7%), Pakistan (14,5%) e Siria (17,4%) in testa, e dall’Egitto (21,3%).
In flessione anche gli arrivi via terra: secondo le stime dell’UNHCR nei primi 6 mesi del 2024 sono stati 3.400, contro i 5.600 del 2023. A entrare dalla frontiera con la Slovenia sono prevalentemente cittadini originari da Bangladesh, Siria, Turchia, Marocco e Afghanistan.
Richieste di asilo. Se nel 2023 le domande d’asilo presentate in Italia erano state circa 130mila (di cui l’84% da parte di uomini), nei primi nove mesi del 2024 sono state 116mila, con una crescita del 27,1%. Va precisato che solo una parte delle persone entrate irregolarmente in Italia fa domanda. Tra i richiedenti asilo, crescono le richieste dei cittadini del Bangladesh (+59% rispetto al 2023). Nei primi 9 mesi del 2024 sono aumentate anche le domande da Cina (+882%), Sri Lanka (+335%), Marocco (+115%), India (+137%) e Perù (+119%).
Religioni. Fondazione ISMU ETS stima che al 1° luglio 2024 la maggioranza assoluta della popolazione straniera residente in Italia sia di religione cristiana, ma con una incidenza che è scesa per la prima volta al di sotto del 53%, seppure di pochissimo. Gli immigrati ortodossi, tra cui è compresa la maggior parte degli ucraini, si attestano al 29,1%. I cattolici al 17,0%. Gli evangelici sono saliti al 2,8%, mentre gli altri cristiani rimangono sostanzialmente invariati (4,1%). I musulmani rappresentano il 29,8% degli stranieri immigrati, seguiti a grande distanza da buddisti (3,3%), induisti (2,1%) e appartenenti ad altre religioni (2,1%). Gli atei o agnostici sono, invece, il 9,7%. In termini assoluti, includendo nei conteggi anche i minori di qualsiasi età, si stima che in Italia al 1° luglio 2024 siano presenti circa 1,6 milioni di musulmani, 1,5 milioni di cristiani ortodossi e 894mila cattolici.
2) GLI ALUNNI CON BACKGROUND MIGRATORIO E IL SISTEMA SCOLASTICO ITALIANO
La ricostruzione fatta da Fondazione ISMU ETS del trend di alunni CNI (con cittadinanza non italiana) negli ultimi trent’anni ricostruisce quattro fasi. La prima, di avvio, iniziata con poco più di 31mila presenze nell’anno scolastico 1992/93, ne raggiunge 70mila nell’a.s. 1997/98. Segue, fino al 2012/13, una accelerazione esponenziale, dove il totale di iscritti con background migratorio si decuplica in circa 15 anni e supera le 700mila unità. Negli anni successivi, fino al 2019/20, i ritmi di crescita rallentano e si attestano in media sui +12mila all’anno, nonostante la “crescita zero” del 2015/16 (+641), una percentuale media oscillante tra i 9 e 10 studenti di origine immigrata ogni 100 durante tutto il periodo. Infine, l’attuale fase oscillante (2020/21-2022/23), in cui si registra il primo anno scolastico segnato dal “segno meno”, con la perdita di oltre 11mila alunni di origine immigrata (2020/21) nella fase pandemica, così come la grande crescita del 2022/23 (+42.500 presenze), con l’inserimento scolastico dei profughi ucraini e il superamento della soglia del 10%.
Aumentati gli alunni con cittadinanza non italiana (CNI). Dopo la crescita rallentata degli ultimi anni, nell’anno scolastico 2022/23 il numero degli alunni con CNI, nati all’estero e nati in Italia, si attesta a 914.860 presenze, corrispondenti all’11,2% sul totale degli iscritti nelle scuole italiane (8.158.138) dalle scuole dell’infanzia alle secondarie di secondo grado.
Il 44% degli alunni stranieri è di origine europea. Per quanto riguarda la provenienza, gli studenti sono originari di circa 200 Paesi diversi. In particolare, il 44% è di origine europea; più di 1/4 è di origine africana; attorno al 20% asiatica e quasi l’8% dell’America latina. La cittadinanza più numerosa è rappresentata dalla Romania, con quasi 149mila studenti. Seguono: Albania (118mila presenze) e Marocco (114mila).
Un quarto degli alunni con CNI è in Lombardia. I dati del 2022/23 confermano che la maggioranza degli studenti con CNI è concentrata nelle regioni settentrionali, a seguire nel Centro e nel Mezzogiorno. La Lombardia accoglie un quarto degli alunni con background migratorio (231.819 unità), seguita da Emilia-Romagna (111.811), Veneto (99.604), Lazio (83.716) e Piemonte (81.762). In Emilia-Romagna gli studenti con CNI rappresentano il 18,4% della popolazione scolastica regionale, il valore più elevato a livello nazionale. Segue la Lombardia con il 17,1% di alunni con CNI ogni 100 iscritti nelle scuole di diverso ordine e grado. La provincia italiana con il maggior numero di alunni con CNI rimane Milano (82.396), seguita da Roma (66.385), Torino (40.605) e Brescia (33.362).
Le scuole senza allievi stranieri sono il 15,5%. Negli ultimi trent’anni è diminuita la percentuale di scuole senza allievi con CNI ed è aumentato il numero di istituti con percentuali rilevanti. Dal 2002/03 al 2022/23 si è passati dal 43,1% del totale di istituti dove gli alunni con CNI erano assenti al 15,5%. Nello stesso periodo di tempo, le scuole con una percentuale di alunni con background migratorio inferiore al 30% sono cresciute dal 56,9% al 73,3%. Un aumento più contenuto ha riguardato le scuole con oltre il 30% di alunni con CNI, inesistenti nel 2002/03 e arrivate a rappresentare nel 2022/23 il 7,9% del totale delle scuole italiane.
In 15 anni triplicati gli alunni con CNI nati in Italia. I nati in Italia figli di immigrati sono passati da 588.986 del 2020/21 a 598.745 nel 2022/23, quasi 10mila unità in più. Dalla prima rilevazione dell’a.s. 2007/08 ad oggi, il gruppo è passato da circa 200mila a quasi 600mila e rappresenta il 65,4% degli alunni con CNI.
Cresce l’incidenza delle seconde generazioni. Più dei due terzi degli alunni censiti come non italiani sono costituiti dalle cosiddette seconde generazioni. L’incidenza percentuale di questo gruppo sul totale degli alunni con CNI cresce in tutti i livelli scolastici e ne costituisce attualmente la maggioranza: nelle scuole dell’infanzia, i nati in Italia ogni 100 alunni con background migratorio sono 81; 69 alla primaria, 63 alle secondarie di primo grado e 50 in quelle di secondo grado.
Il 26,1% degli alunni con CNI è in ritardo. Permane il problema del ritardo scolastico. Dai primi dati del 2005/06 si è ridotto progressivamente, ma nel complesso rimane ancora elevato, soprattutto nelle secondarie di secondo grado, dove quasi la metà degli studenti di origine immigrata è in ritardo di uno o più anni (48,0%). Preoccupano anche la lontananza dal sistema di istruzione/formazione/lavoro e l’abbandono scolastico precoce. Nel 2022 gli ELET nati all’estero, cioè i giovani che si sono fermati alla scuola secondaria di primo grado, sono ancora il 28,7% dei 18-24enni stranieri, cioè il triplo degli autoctoni, che scendono al 9,7%. I giovani in condizione di NEET (Not in Education, Employment or Training, cioè che non studiano né lavorano) tra i 15 e i 29 anni sono il 29% del totale, circa il doppio degli italiani (17,9%).
Minori stranieri non accompagnati: solo uno su 5 va a scuola. Le disparità nei tassi di scolarizzazione di stranieri e italiani sono particolarmente evidenti tra i minori stranieri non accompagnati (MSNA). Gli studi di Fondazione ISMU ETS mostrano come, all’interno di un campione di circa 3.400 MSNA censiti sul territorio italiano tra il 2020 e il 2022, solo un minore su cinque ha avuto accesso al sistema scolastico italiano (21%) e solo il 18% risulta inserito nei corsi di primo livello (corrispondenti alla secondaria di primo grado) e secondo livello (secondaria di secondo grado) presso i CPIA. La maggioranza (55%) frequenta un corso di alfabetizzazione in lingua italiana presso il centro di accoglienza in cui vive o in un CPIA e il 6% è fuori da qualsiasi tipo di programma di apprendimento.
Cresce la presenza nei licei. Negli ultimi vent’anni gli studenti di origine immigrata sono rimasti una componente stabile degli istituti tecnici (+4,4% dal 2002/03 al 2022/23), mentre si è ridotta la quota negli istituti professionali (-15,9%) ed è cresciuta la presenza nei licei (+11,5%). Nell’a.s. 2022/23, il 33,4% degli iscritti non italiani nel secondo ciclo di istruzione frequenta il liceo, gli istituti tecnici (39,9%) e quelli professionali (26,7%).
Rapporto INVALSI 2024. Gli allievi stranieri di prima generazione, nella classe V secondaria di secondo grado, in Italiano conseguono in media un esito significativamente più basso di uno studente-tipo4 di 9,3 punti. Tra gli studenti di seconda generazione e gli italiani la distanza si attesta a -7,6 nel 2024, anche se permane una situazione di svantaggio linguistico. In Matematica, le prime generazioni conseguono mediamente un esito più basso dello studente tipo di meno 2 punti, mentre le seconde generazioni hanno un esito più basso di 3 punti (il dato è costante negli ultimi due anni). In Inglese, nel 2024, gli allievi di prima generazione conseguono un esito più elevato dello studente tipo, nella lettura (circa +8,2 punti) e molto di più nell’ascolto (+13,2 punti). Anche i risultati delle seconde generazioni sono migliori di quelli dello studente tipo, con 5,5 punti in più nella prova di reading e 9,8 in quella di listening.
3) Il lavoro
Negli ultimi trent’anni la società e il mercato del lavoro italiani hanno conosciuto una trasformazione straordinaria e irreversibile: da presenza invisibile e silenziosa, la popolazione con background migratorio è diventata una componente strutturale del mercato del lavoro e del sistema produttivo. Un fenomeno che in tutti questi anni ha rivelato gli elementi di criticità dell’economia e della società italiana.
Quanti sono i lavoratori con background migratorio. All’inizio degli anni Novanta, Fondazione ISMU ETS stimava, sulla base dei versamenti Inps, che gli occupati stranieri di età compresa tra i 15 e i 64 anni fossero circa 160mila. Nel 2023 sono 2 milioni e 317mila (dati Eurostat), esito di una crescita che ha raggiunto l’apice negli anni pre-pandemia, in particolare nel 2017 (2.387mila), per poi calare nel 2020. Superata l’emergenza sanitaria, il volume dell’occupazione straniera ha ripreso a crescere, raggiungendo poco più del 10% dell’occupazione complessiva (ma il peso effettivo degli occupati con background migratorio è sottostimato a causa del numero di residenti stranieri che ogni anno acquistano la cittadinanza italiana “scomparendo” dalle statistiche sull’occupazione).
Tassi di attività, occupazione e disoccupazione. Tra il 2005 e il 2023 il tasso di attività degli italiani è cresciuto costantemente (dal 61,9% al 66,4%), mentre la componente straniera è passata dal 73,4% al 69,6%. Analogo il trend del tasso di occupazione, che per gli italiani è cresciuto dal 57,2% al 61,2%, mentre per gli stranieri è diminuito di 4,2 punti percentuali (dal 65,8% al 61,6%), con un crollo di 6,4 punti per gli uomini e 4,3 per le donne. L’incidenza degli stranieri sul totale dei disoccupati è pari al 15,5%, quasi 6 punti percentuali in più rispetto al loro peso sulle forze lavoro, nonostante il numero di disoccupati stranieri sia significativamente più basso rispetto ad alcuni anni fa, quando arrivò a sfiorare il mezzo milione. Particolarmente critica la situazione delle donne straniere: la riduzione di un solo punto tra il 2005 e il 2023 si è accompagnata a un ampliamento del divario con le italiane, passato da 5,5 punti percentuali a 5,9.
Prevale il “lavoro povero”. Se si escludono i cambiamenti dovuti all’ingresso nel mondo del lavoro delle seconde generazioni, capaci di penetrare in segmenti e profili occupazionali poco accessibili ai loro genitori, i processi di inclusione occupazionali sono quasi immutati. Come trent’anni fa, le famiglie rappresentano il principale datore di lavoro degli stranieri/e, che a loro volta costituiscono la quota maggioritaria (69,5%) dei poco meno di 900mila addetti regolarmente assunti5.
È straniero il 30,4% degli occupati nei servizi personali e collettivi e il 18% degli occupati in agricoltura; il 17,4% nel comparto ristorazione e turismo e il 16,4% nelle costruzioni. Inoltre, quasi 9 lavoratori stranieri su 10 (86,7%) sono occupati come dipendenti, rispetto al 77,7% degli italiani. Le imprese gestite da stranieri sono 392.489, pari al 13% del totale, ma nel 75% circa dei casi si tratta di ditte individuali.
I “bassi” profili professionali. Quanto ai livelli di inquadramento, pur in presenza di qualche segnale di upgrading, i nati all’estero restano concentrati nei livelli più bassi della gerarchia professionale, costituiti dalle professioni non qualificate (24,1%), addetti alle vendite e servizi commerciali (23,7%) e, per quanto riguarda gli uomini, profili operai e artigianali. Pesano i livelli di istruzione: nel 2023, solo il 53,3% degli stranieri tra 25 e 64 anni ha un titolo secondario superiore (rispetto al 66,9% degli italiani) e i laureati sono il 12,4%, contro il 22,7% degli italiani (Istat). Ma pesa anche la domanda, che continua a dimostrarsi interessata a reclutare soprattutto profili di tipo manuale a nulla, bassa o al più media qualificazione.
Permane il fenomeno dell’overqualification. Nel 2023, il tasso di occupazione degli stranieri laureati (69,6%) è inferiore di 15,7 punti percentuali rispetto a quello dei laureati italiani. Solo poco più del 20% dei nati all’estero con una laurea (acquisita all’estero) svolge un lavoro ad alta qualificazione rispetto al 70% dei nati in Italia. Il problema dell’overqualification colpisce soprattutto i giovani, specie di sesso femminile (il 34,5% degli uomini e il 39,8% delle donne 25-34enni) e gli stranieri (il 52% dei 25-34enni, rispetto al 36,9% degli italiani): il gruppo maggiormente svantaggiato è come sempre quello delle donne straniere.
Scenari futuri: i fabbisogni delle famiglie e del sistema produttivo. Secondo le indagini previsionali di cui si dà conto nel Rapporto, la domanda di lavoro continuerà ad essere espressa in primo luogo dai settori e per le mansioni già oggi caratterizzati da una folta presenza di personale straniero:
– il fabbisogno di personale domestico nel 2025 ammonta a 2 milioni 288mila, di cui oltre un milione e mezzo destinato a essere coperto da personale straniero6;
– quanto alle imprese7, l’incidenza delle assunzioni di immigrati (1.082.170 in valore assoluto, il numero più elevato mai registrato) sul totale di quelle programmate per il 2024 (rilevate attraverso il Sistema Excelsior) è pari addirittura al 19,6% (il valore più alto degli ultimi anni), tale quota sale al 32,3% nel comparto dei servizi operativi e al 30,5% in quello della logistica e trasporti.
Scenari futuri: la (in)sostenibilà dei modelli di inclusione occupazionale. Al di là dei progressi che si sono fatti negli anni, anche attraverso la leva del Diversity Management, i modelli di impiego delle risorse umane immigrate continuano a presentare forti criticità. Lo sfruttamento che vede indirettamente coinvolte le stesse aziende “socialmente responsabili” – emerso “grazie” agli incidenti, spesso mortali, degli ultimi mesi – produce nuovi schiavi e un folto numero di lavoratori irregolari o solo parzialmente regolari. Inoltre genera un esercito di lavoratori poveri, incapaci di provvedere, attraverso il loro reddito, alle necessità basilari. L’analisi proposta da Fondazione ISMU ETS evidenzia come il futuro dell’economia e della società italiana sia strettamente intrecciato alla “qualità” dei percorsi di integrazione lavorativa dei migranti.
Al tempo stesso, se è pur vero che il fabbisogno di lavoro immigrato è evidente e significativo anche in termini quantitativi, gli stessi dati previsionali indicano una netta preferenza per l’assunzione di personale immigrato con esperienza professionale maturata in Italia. Di questa indicazione non si potrà non tener conto nella programmazione dei nuovi ingressi e nella pianificazione delle quote da ammettere. Di questo tema si discute nel workshop questo pomeriggio Migrazioni e lavoro: (il)legalità, (in)sostenibilità e (esc)inclusione.
4) La salute
Dopo più di trent’anni di ricerche sul campo e di report epidemiologici, qual è oggi lo stato di salute delle persone con background migratorio? Fondazione ISMU ETS evidenzia che i principali problemi sono legati alle condizioni di svantaggio economico e sociale in cui vivono una volta arrivati, ma sono anche correlati all’assunzione di stili di vita simili a quelli della popolazione italiana. Rispetto a quest’ultimo tema, si riscontra un rapporto diretto tra una maggiore acculturazione e l’aumento della prevenzione di comportamenti a rischio per la salute (fumo, abuso di sostanze, dieta squilibrata e mancanza di esercizio fisico), con effetti positivi anche sulla conoscenza e l’utilizzo dei servizi di assistenza sanitaria territoriale.
Fattori di rischio. Dall’analisi di Fondazione ISMU ETS sui dati riguardanti gli stili di vita e lo stato di salute della popolazione adulta italiana emergono importanti differenze tra stranieri e italiani per quanto riguarda i fattori di rischio per la salute come fumo, obesità, alcol e sedentarietà. In particolare, secondo i dati relativi al biennio 2022-2023, la percentuale di stranieri sedentari si attesta al 22,2%, rispetto al 28,6% degli italiani. L’obesità colpisce, invece, maggiormente gli stranieri (11,1% contro il 10,4% degli italiani), mentre oltre uno straniero su tre è in sovrappeso (34,6%, rispetto al 32,6% degli italiani).
Per quanto riguarda l’alimentazione sana, la percentuale di persone che assume cinque porzioni di frutta e verdura al giorno è più alta tra gli italiani (7,1% contro 5,8%). Gli stranieri abusano meno dell’alcol, infatti la pratica del binge drinking riguarda il 7,8% contro il 9,8% degli italiani. Infine, quasi una persona su 4 fuma sia tra gli stranieri (24,2%) sia tra gli italiani (24,6%).
Ricoveri. Dai dati Istat più recenti, riferiti al 2022, emerge che i cittadini stranieri provenienti da Paesi dell’area europea (esclusa l’Italia) rappresentano il 3,32% di tutti i ricoveri in regime ordinario, seguiti dai pazienti africani (1,52%), asiatici (1,04%) e americani (0,65%).
Parti. I parti delle donne straniere pesano sempre meno sul totale registrato in Italia ogni anno. Dall’analisi dei dati più recenti del Ministero della Salute e di quelli contenuti nelle scorse edizioni del Rapporto ISMU ETS emerge che, in termini relativi, dal 2018 i parti delle donne straniere sono diminuiti del 4,8% in cinque anni. Nello stesso periodo di tempo, l’età media delle donne al momento del parto è passata da 30,5 a 31,1 (tra le donne italiane è aumentata da 32,9 a 33,1). I parti cesarei sono praticati più frequentemente tra le italiane (31,8% nel 2022, contro il 27,4% delle straniere). Tuttavia, rispetto al 2018, sono diminuiti tra le italiane (-5,6%) e aumentati tra le straniere (+1,5%).
5) GLI ATTEGGIAMENTI DEGLI ITALIANI NEGLI ULTIMI 30 ANNI
Da anni l’immigrazione è una questione centrale e dirimente, in grado di orientare persino il voto degli italiani. Ma qual è stato nel tempo l’atteggiamento nei confronti delle persone con background migratorio? Guardati dapprima con curiosità e poi come emergenza negli anni Ottanta, sono stati in seguito percepiti come un problema di ordine pubblico (anni ’90). Nel 2024, Fondazione ISMU ETS, analizzando i dati di Eurobarometro, evidenzia che il 48% degli italiani pensa che gli immigrati contribuiscano positivamente alla vita del nostro Paese (nel 1998 i dati SWG rilevavano che il 54% li riteneva un temibile competitor in ambito lavorativo). Tuttavia, la issue immigrazione viene ancora inquadrata in termini problematici. In Italia questa tematica risulta al quinto posto sia tra le questioni più importanti che gli intervistati ritengono che l’UE debba affrontare, sia tra quelle che gli intervistati ritengono che l’Italia debba affrontare insieme all’economia e dopo sicurezza e difesa, clima e ambiente, e salute. Per il 33% degli italiani la gestione dell’immigrazione è tra le due principali politiche che potrebbero avere il miglior impatto positivo sulle vite degli intervistati, dopo pace e stabilità (46%), cibo, salute e industria (27%).
L’Italia è anche al settimo posto tra i 27 Paesi UE per percentuale di intervistati che ritiene l’immigrazione extra-UE come un fenomeno negativo: lo è per il 48% degli intervistati, contro il 76% a Cipro, il 75% nella Repubblica Ceca e il 74% a Malta. I Paesi con le percentuali inferiori sono il Lussemburgo (25%), la Spagna (30%) e l’Irlanda (31%).
Passando alla percezione dell’immigrazione a livello di questione collettiva o individuale, sebbene la percentuale di intervistati che la inseriscono tra i due maggiori problemi che il proprio Paese deve affrontare non sia elevata (12%), è pur sempre maggiore della percentuale di intervistati che ritiene l’immigrazione uno dei due maggiori problemi da affrontare personalmente (8%). Il confronto tra questi due dati mostra uno iato: l’immigrazione appare un problema per lo più quando è riferito alla collettività, ma in pochi lo percepiscono come una importante questione che impatta sulla propria vita.
Il 30° Rapporto sulle migrazioni 2024 di Fondazione ISMU ETS tratta anche altre tematiche di attualità quali: l’analisi dell’evoluzione del quadro normativo con un affondo specifico sulla questione dell’esternalizzazione del sistema d’asilo; lo scenario europeo, caratterizzato dall’adozione del Patto sull’immigrazione e l’asilo, con un’analisi del quadro dei flussi migratori europei e globali; i muri e confini reali e simbolici; la questione della narrazione delle migrazioni e del ruolo dei media; la condizione delle persone con disabilità e background migratorio. Tra gli approfondimenti di rilevanza: la capacità di reddito e l’invio delle rimesse, il welfare e i nuovi strumenti per migliorare i servizi, fino ai pericoli di discriminazione legati all’intelligenza artificiale.
Il 30° Rapporto sulle migrazioni 2024 di Fondazione ISMU ETS è disponibile dal giorno della presentazione al seguente link: https://www.ismu.org/30-rapporto-sulle-migrazioni-2024/
Tutti i materiali del Convegno sono disponibili al seguente link: Presentazione 30° Rapporto sulle migrazioni 2024 – 17 febbraio 2024 – Fondazione ISMU
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